C’è un tempo per sorprendere, e uno per consacrarsi. Un tempo per uscire a intervalli dal proprio involucro protettivo, uno per rompere la corazza e dimostrarsi ancor più forte senza maschere, senza difese. Stephan El Shaarawy si è liberato da tutti gli impedimenti e gli imbarazzi propri di un ragazzo che vent’anni li ha compiuti appena un mese fa. E’ scoppiato così, all’improvviso, mentre tutti aspettavano Pato e Pazzini. E’ comparso da un nulla giustificabile, ha stracciato la sua carta d’identità e si è caricato il Milan sulle sue spalle ancora adolescenziali.
La qualificazione ottenuta ieri contro l’Anderlecht è frutto della sua convinzione, della semplicità dei suoi gesti, della bellezza delle azioni che ancora una volta è riuscito a concretizzare. Suo il primo gol, suo il pallone spinto in porta da Pato al terzo gol, che ha chiuso la gara, impedendo che gli ultimi minuti si trasformassero in confusione e paura. Ha messo la sua firma sul passaggio agli ottavi di finale di Champions League, che rappresenta una vera e propria boccata d’ossigeno per il Milan. La sua maturazione è giunta a compimento, sta diventando un punto di riferimento, la sua presenza in campo si fa sentire costantemente, sia se c’è da festeggiare, sia se c’è da combattere, da conquistare.
Anche tra i tifosi è El Shaarawy-mania, tra cori, striscioni, e creste sparse un pò ovunque sugli spalti. Il vuoto lasciato da leader come Shevchenko e Kakà, e solo in parte “tappato” da Pato, lo sta riempiendo lui, il Faraone. In un momento del genere, con una classifica che piange e una continuità che stenta ad arrivare, l’ambiente rossonero ha bisogno di affidarsi a qualcuno.
Forse, vista l’età, sarebbe più normale il contrario, eppure è il Milan ad essere coccolato e preso per mano da Stephan, che guarda avanti senza paura, con l’entusiasmo e la freschezza che solo un giovane può avere. Anche questo significa “avere vent’anni”…