Una lunga intervista al “Guerin Sportivo” per raccontare l’anno calcistico più pieno, bello e positivo di tutta la sua vita. Perchè di certo, da quando il Milan ha bussato alla sua porta, la sua vita è radicalmente cambiata. Ora è uno dei centrocampisti più quotati del nostro campionato, ma Antonio Nocerino non dimentica come tutto è iniziato: “Mi viene da ridere e ancora adesso ci scherzo su a Milanello: mi hanno preso per tremila lire e una gazzosa! Non penso affatto di valere come Ibrahimovic o Thiago Silva, ma nemmeno così poco. Sapevo che qua c’erano delle gerarchie, sapevo che per giocare avrei dovuto dimostrarmi maturo sotto tanti punti di vista: Allegri e tutto l’ambiente mi hanno aiutato. Sono tutte persone splendide, mi hanno permesso addirittura di arrivar all’Europeo. Sono un giocatore determinato, la mia forza me la trasmise Zeman a 17 anni, quando vestivo la maglia dell’Avellino. Mi ripeteva ogni giorno: “La fatica la si combatte in un unico modo: lavorando!” E io lavoro tantissimo”.
Il momento più bello e il momento più brutto del suo anno rossonero? “Facile scegliere il più bello: il goal al Camp Nou. Certo, però, che tutta l’annata in generale è stata davvero positiva: ho segnato dieci goal, sono riuscito ad andar agli Europei… Per quanto riguarda il più brutto, purtroppo anche in questo caso non è difficile scegliere: le scorse settimane. Dispiace moltissimo vedere la squadra in difficoltà, ma sono certo che se sapremo concentrarci e non ascoltare tutte le chiacchiere che ci circondano ci risolleveremo”.
L’approdo al Milan ha portato Noce ad incrociare la sua storia con quella di tanti campioni, alcuni dei quali ora vestono un’altra casacca. Inevitabile parlarne con qualche rimpianto: “Mi mancano tutti quanti, ognuno per una ragione diversa. Un riferimento che mi manca molto è Mark Van Bommel: si faceva conoscere poco fuori da Milanello, ma all’interno dello spogliatoio era decisivo. E ovviamente sento molto anche la mancanza di Rino e Sandro Nesta, col quale dividevo lo spazio sul pullman e al tavolo quando si mangiava”. Un discorso a parte, ovviamente, lo merita Zlatan Ibrahimovic: “Con lui ho avuto un rapporto spettacolare: è uno dei pochi attaccanti al mondo felice di far segnare gli altri, è grandissimo anche per questo. Mi dispiace molto che l’immagine pubblica sia diversa da quella privata, perchè è davvero una persona di valore”.
E questa maglia numero 8 ereditata niente meno che da Rino Gattuso? “Quel numero mi ha sempre attirato, ma portarlo oggi è doppiamente emozionante. Io e Rino abbiamo avuto vite simili: entrambi siamo due ragazzi del sud costretti a venir al nord per giocar a calcio, entrambi sappiamo che la strada per il successo è lastricata di fatica. Rino è una grandissima persona: il calciatore ha un carattere formidabile, ma l’uomo è altrettanto ricco e forte. Non c’è stato nemmeno bisogno di chiedergli il numero, è stato lui a cedermelo pubblicamente”. Il suo idolo, però, rimane un altro: “Il grande Sheva: ho avuto il piacere di conoscerlo durante gli Europei, è stata un’emozione fortissima, mi sono commosso”.