Oltre la mediocrità condivisa, oltre Cassano l’aizzatore, oltre l’arbitro e tutto quel che ha comportato averlo in questo derby, il senso di impotenza è la sensazione più viva, ma anche più aspra, che questo incontro sotto la Madonnina ci lascerà in memoria. Non è bastata l’espulsione di Nagatomo a rendere tutti più consapevoli, a realizzare il diktat del sabato di Allegri: essere più furbi. E stavolta Max l’ha proprio capita: questo Milan furbo non è, proprio no. Basti pensare a tutti i punti conquistati finora in questo campionato: tutti sudati, uno ad uno, rispetto a chi è stato senza dubbio anche un po’ più fortunato.
Poi è ovvio che, parlassimo solo di fortuna o sfortuna, non saremmo equi di fronte a una squadra che ha fin troppe pecche; che, nel cercare la cooperazione, finisce per essere sempre più disarmonica. Basta un soffio, una palla inattiva e ti ritrovi sotto in men che non si dica. Poi hai voglia a recuperare: le forze, la pur discreta mole di gioco creata non basta. Non basta in undici contro undici, ma nemmeno con un uomo in più per quasi un tempo di gioco. Boateng è il solito: quello che doveva essere il nuovo centro di gravità permanente, il dieci senza macchia e senza paura, si scopre piccolo piccolo con troppa costanza. E la “solfa” non cambia nel passaggio da presunto trequartista a presunta ala, con l’ingresso di Pazzini e l’uscita di El Shaarawy.
Già, El Shaarawy: nella serata più importante dopo San Pietroburgo fallisce inesorabilmente, a dimostrazione che non può essere ancora colui che toglie sempre e comunque le castagne dal fuoco. Robinho cerca di portare un po’ di verve alla contesa, suo marchio di fabbrica, ma oltre ad ottenere un rigore non fischiato, si perde nelle maglie infeltrite di un gioco che poi, alla fine, facendo la dovuta tara, gioco vero e proprio nemmeno è. E che dire di Abbiati, croce e delizia della settimana rossonera? Decisivo in Russia, come nel derby. In quello almeno è stato, sì, costante. Ma dopo quasi quindici anni è, forse, il caso di voltare davvero pagina.
Non ci resta che vivere questa stagione nell’inevitabile limbo in cui sembriamo destinati a rimanere: perché quest’anno gli errori li paghiamo tutti, uno ad uno. E a caro prezzo.