Amelia, perché non provare?

Mai andato di moda. I giocatori non se lo aspettano, salvo infortuni, perché è un cambio che significa bocciatura. Quando un allenatore sceglie il suo primo portiere fatica a tornare sui suoi passi concedendo la maglia da titolare a quello che resta, praticamente ogni domenica, con lui in panchina. Questione di gerarchie.

Forse però qualche volta farebbe bene. Allentare la pressione guardando i propri compagni giocare e il proprio sostituto governare la porta. Lo chiamano estremo difensore appunto perché la sua chiamata risulta essere l’ultima, quella decisiva. Se la palla entra è lui il primo inquadrato dopo il giocatore che ha fatto gol. Responsabilità mica da poco, anche quando su quel tiro potevi fare poco o addirittura niente.

Sul gol di ieri Christian Abbiati “qualcosina” da rimproverarsi la ha: gli ordini alla barriera sono suoi e quel mezzo secondo di troppo nel lanciarsi verso l’angolino ha fatto la differenza tra una parata miracolo e un gol subito. Difficile più del solito avere questo ruolo in rossonero. I calci piazzati per la squadra sono uno spauracchio e Abbiati, che della squadra è il difensore numero 1, risente del problema. L’uscita nel gol subito contro l’Udinese è lì a dimostrare quanto un portiere distratto o affaticato possa far male. E allora perché non provare con Marco Amelia? Niente bocciatura, un sano turnover. Come un centrocampista qualsiasi che si avvicenda con un compagno.

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