In una lunga intervista concessa alla Gazzetta dello Sport, Arrigo Sacchi ha raccontato alcuni momenti salienti del suo rapporto con Silvio Berlusconi, risalenti al periodo in cui sedeva sulla panchina dei rossoneri:
“La missione era vincere e convincere in Italia, in Europa e nel mondo. Noi ci siamo riusciti, siamo stati bravi. Non abbiamo tradito l’ordine”.
Milan, Sacchi: “Per Berlusconi il successo doveva essere figlio del merito”
Sul suo arrivo al Milan nel 1987:
“Berlusconi chiese di vedermi attraverso un comune amico, Ettore Rognoni. Inizialmente pensavo che gli interessasse qualche giocatore del mio Parma. L’appuntamento era il lunedì nella villa di Arcore. Ma tutto slittò perché Berlusconi era a Saint Moritz e l’elicottero non poté decollare a causa di una forte nevicata. Rognoni mi chiese di posticipare di una settimana. Gli dissi che andava bene, purché prima di venerdì perché per quel giorno dovevo dare una risposta alla Fiorentina che mi aveva cercato. Ci incontrammo il martedì. C’era anche Galliani. Parlammo di calcio dalle otto di sera alle due di notte. Berlusconi mi spiegò il progetto, io ero entusiasta e accettai anche se tornando a Parma, in autostrada, ci ripensai perché non potevo comportarmi male nei confronti della Fiorentina che avrei dovuto incontrare. La mattina telefonai a Rognoni e gli spiegai il problema. Lui mi rassicurò, dicendomi che Berlusconi mi voleva a tutti i costi e che dovevamo tornare ad Arcore per firmare il contratto. Andammo, Berlusconi non c’era: era impegnato con Pippo Baudo e Raffaella Carrà. Io firmai il contratto in bianco. Spiegai che era il mio modo per ringraziarli della loro fiducia. Io ero un perfetto sconosciuto e mi stavano dando una grandissima opportunità. Scoprii che avrei guadagnato di meno di quello che prendevo in B al Parma, ma non m’importava“.
Sugli sviluppi del loro rapporto:
“Mi chiese da subito di giocare bene e di vincere. In questo esatto ordine: prima veniva il gioco e poi, come diretta conseguenza, il risultato. Il successo doveva essere figlio del merito, mi spiegò, e doveva generare spettacolo. Mi aiutò tantissimo. Mai sentito un presidente tanto vicino. E anche Galliani. Mi telefonava ogni giorno, s’informava sui giocatori, su come stavano e si allenavano. Era parte attiva nella squadra e i ragazzi lo sentivano“.
Sul modo in cui Berlusconi gestì le prime critiche nei suoi confronti:
“Convocò il sottoscritto e tutta la squadra nel suo ufficio. Ci fece rimanere in piedi e, guardando negli occhi i giocatori, disse: ‘Sacchi è l’allenatore che ho scelto io e rimarrà anche il prossimo anno. Di voi, invece, non so chi resterà. Buon lavoro’. Bastarono queste poche parole per far breccia nelle teste dei giocatori. Che subito si adeguarono al clima”.
Sull’addio al Milan nel 1991:
“Lasciai anche se lui voleva ancora tenermi. Ma in realtà io non ho mai abbandonato il Milan, nel senso che la profonda gratitudine che porto verso quell’ambiente è sempre dentro di me. Con Berlusconi il rapporto è proseguito nel tempo. Quando sono andato in Nazionale, quando sono tornato al Milan per un breve periodo, e quello fu un errore, quando ho fatto altre esperienze. Ci siamo sempre sentiti e abbiamo sempre condiviso le nostre idee sul calcio. Anche quando è diventato Presidente del Monza mi ha chiesto consigli e io glieli ho dati. Era un uomo generoso, passionale e appassionato“.