I colleghi di SportMediaset hanno realizzato una lunga intervista ad Arrigo Sacchi nel giorno del trentesimo anniversario della semifinale di Coppa dei Campioni contro il Real Madrid. Il 19 aprile 1989, il suo “Milan degli invincibili” demolì i Blancos per 5-0, grazie alle reti di Ancelotti, Rijkaard, Gullit, Van Basten e Donadoni.
Questi i passaggi principali dell’intervista a Sacchi: “Quella squadra aveva uno stile e lo stile dà senso di appartenenza. E’ stata considerata la squadra più grande di tutti i tempi. Pensi: l’Equipe, in quei giorni, scrisse che dopo Milan-Real il calcio non avrebbe più potuto essere lo stesso. Capisce cosa c’è dietro una frase del genere? Anche oggi il gioco continua a essere centrale. Io sono stato fortunato, perché ho avuto alle spalle un club che la pensava come me, che aveva una visione a lungo termine e un’ambizione sana. Per noi una vittoria senza merito non era una vittoria. Siamo stati una squadra coraggiosa in un ambiente pauroso. Un ambiente che aveva vinto anche prima di noi, ma non da protagonista… Galliani ha detto che con le attuali regole del FFP, quel Milan non sarebbe mai esistito? Non sono d’accordo. Il Milan avrebbe vinto comunque in Europa e con i soldi delle Coppe dei Campioni avrebbe continuato a farlo. Ma lo sa che il Napoli costava, di ingaggi, più del Milan? Eppure… Tra gli allenatori preferisco tutti quelli che danno un gioco. Tutti quelli che puntano sulla qualità. Lo stratega, se incontra un tattico, vince quasi sempre… Una volta il direttore del Pais mi disse: siete un Paese antico che ama l’antichità. Ma come ha fatto a vincere in quel modo? La stessa cosa, in un’altra occasione, me la disse Mark Hughes. Mi trovai con lui a parlare del mio Milan a una platea di allenatori. Feci vedere Bayern Monaco-Milan. All’andata avevamo vinto 1-0, quindi il pareggio ci bastava tanto più che eravamo senza Ancelotti, Donadoni e Gullit. Invece alla fine del primo tempo, le statistiche dicevano che loro avevano fatto un tiro in porta, noi 11. Eppure secondo Hughes l’Italia era quel posto dove se il campo fosse stato di 120 metri avremmo trovato undici dei nostri giocatori negli ultimi 20 davanti al portiere… La Uefa e France Football, recentemente, mi hanno inserito tra gli allenatori che hanno contribuito all’evoluzione del calcio. Per me è stato un onore che è tanto più grande se si pensa che è accaduto in un Paese calcisticamente conservatore come il nostro“.