Difficile solo immaginarlo ad inizio stagione un Milan convincente, solido, concreto senza il Pipita Higuain. Eppure i numeri e la sensazione dal campo parlano chiaro: la squadra rossonera priva del suo “fardello”, in senso metaforico o meno, è apparsa più rilassata, liberata dall’angoscia di servire e accontentare la sua punta. Sia chiaro: il rapporto con i compagni è sempre stato ottimo, ma l’atteggiamento in campo del primo non li ha certo aiutati.
PAROLA AL CAMPO – I risultati mostrano un bottino di 15 punti su 21 (sei partite di campionato e una di Europa League) e soprattutto nessuna sconfitta. Dal primo stop, causa problema al flessore, il Milan ha racimolato 4 punti con Empoli e Sassuolo. Poi il colpaccio a Udine (Pipita sostituito al trentesimo minuto) e il pareggio a Siviglia contro il Betis. Si prosegue con la vittoria sfumata all’ultimo respiro contro la Lazio, la vittoria sul Parma e si chiude con l’ultimo successo a Genova. Mai una partita a digiuno (col Pipita in rosa)…, numeri paradossali.
PIPITA LIBERA SUSO –Non si tratta di un caso: 7 gare sono un lasso di tempo molto ampio, dalle quali si possono trarre le opportune valutazioni. Le motivazioni non sono prettamente tattiche. Chi lo ha quasi sempre sostituito, ovvero Cutrone, è più votato al lavoro “sporco”, allo spostamento, ma non ha nelle corde la gestione del pallone, quale figura di raccordo, dell’argentino. Chi sembra rinfrancato dall’assenza di Higuain è parso Suso, con maggiore licenza di cercare la rete, andando a segno quattro volte (su sei gol stagionali). Ma oltre alla ragioni tattiche, che cosa scatta ai rossoneri?
LA FORZA DEL GRUPPO –Può risultare evidente come i giocatori si siano sentiti investiti di maggiori responsabilità. Quella ricerca della spensieratezza che Gattuso spesso cita è arrivata senza Higuain. Avere un giocatore nervoso, che sbraita ad ogni errore è pesante, è come sentirsi sempre giudicati e non permette di far emergere le potenzialità degli individui. Giusto essere esigente, ma senza presunzione. Senza la primadonna, i compagni si sentono tutti uguali. Il grande nome, se non supportato dalla disponibilità di mettersi sullo stesso piano degli altri, blocca il processo di crescita. La parabola del Pipita: da valore aggiunto a problema. E se lo fosse stato veramente?