Se cinque mesi fa Leonardo avesse detto che il nuovo bomber del Milan sarebbe stato Krzysztof Piątek chiunque si sarebbe messo a ridere. Pure Piatek, forse. Fortunatamente scelse Higuain. Meglio, scelleratamente scelse Higuain. “Facile a posteriori”. Vero.
Un girone dopo quello che veniva dal Cracovia ha segnato più del doppio di quello che giocava coi marziani. Al Genoa eh, mica al Milan.
E allora perdere Higuain e prendere Piatek, oggi, dovrebbe essere un plus scontato per il Milan. Troppo facile. Sappiamo tutti che non è così. Perché Piatek ha fatto cose da campione, ma non è ancora un campione. E perché Higuain ha fatto cose da giocatore normale, ma normale non lo è mai stato. Ce lo dice la storia.
Insomma che perdere Higuain adesso sia un rischio (e pure bello grosso) lo sappiamo tutti. Qualcuno ne fa un dramma. Del tipo “senza il Pipita scordiamoci la Champions”. Può anche essere. Ma se nel calcio le cose andassero sempre come devono andare, oggi Higuain sarebbe in doppia cifra, il vecchio Leo non si arrabatterebbe per assicurarsi uno che solo in estate era un semi sconosciuto e al Milan vivrebbero tutti felici e contenti.
Piaccia o meno era semplicemente inevitabile. O quantomeno intuibile, già a novembre. La sceneggiata con rosso di due mesi fa è il primo indizio di uno che non sa stare dalla parte dei più deboli. La messa in scena di ieri sera è la rassegnazione di chi ha concluso di non potercela fare. In mezzo un digiuno di gol difficile da spiegare e un piagnucolio talvolta assordante.
Tutto è finito come sapevamo sarebbe finito: la Juventus ha vinto, i tifosi insultano gli arbitri e Higuain non è rinato. Anzi, a momenti non giocava proprio. È il legame con i colori, con la maglia, con la città quello che non c’è mai stato. Chi scappa dopo sei mesi non lo ha per definizione. Questione di riconoscenza, valori. E chi passa dal Napoli alla Juve ha altre priorità. Mette in un angolo il cuore e sceglie di vincere. Sia chiaro: niente di più legittimo. Ma anche così va letta l’insofferenza degli ultimi mesi di Milan: perdere non piace a nessuno, men che meno al Pipa.
E allora la soluzione è fin troppo elementare. Vai da chi ti ha reso fenomeno a giocare un campionato tranquillo: quarto posto garantito (più sei sulla quinta) e primo improbabile (meno dieci dalla vetta).
Il parallelismo è scontato: prima dal Napoli eterno secondo alla Juventus degli invincibili, poi dalle complicazioni per la Champions del nuovo Milan alla certezza quarto posto del Chelsea. Logico e assolutamente comprensibile. Ciclico.
La soluzione di Gonzalo è la prova schiacciante di un’acquisita consapevolezza: non sono più un fenomeno. Inconsciamente o meno se ne sarà accorto anche lui. Chi è fenomeno solo a certe condizioni non è un fenomeno. O lo sei o non lo sei. E Higuain non lo è più. Il volo per Londra che prenderà entro il weekend lo certifica. Lo era a Napoli, quando se non arrivavano i palloni il gol se lo inventava. Non lo è stato a Milano, dove l’unica invenzione è targata 31 agosto 2018. E non è un gol.