L’espressione “bel gioco” l’ha prima coniata poi vista mettere in campo dalla sua stessa creatura nell’epoca Sacchi. Che Silvio Berlusconi fosse un esteta, uno di quelli a cui il solo sentir dire “palla lunga e pedalare” fa venire l’orticaria, lo avevamo capito da tempo immemore. Un proprietario, o in alternativa un padrone che, se in prima linea, diventa tanto esigente, da paragonare il raffinato lavoro del sarto a quello assai più grezzo dell’allenatore di calcio. Per intenderci, a uno come Berlusconi, il modo di giocare “padroni del campo” del Barcellona calzerebbe a pennello.
Da qui hanno origine la sfuriata di mercoledì in tribuna d’onore e quel “sono senza parole” pronunciato davanti ai giornalisti all’uscita da San Siro. Frase che fa capire, discutere, riflettere e ricordare. Tornano infatti alla mente le parole pronunciate dallo stesso Presidente, in panchina sedeva il poco stimato Zaccheroni, dopo l’eliminazione per mano del Deportivo La Coruña: “Sino ad ora ho sofferto in silenzio, adesso basta!”. E via con la famosa tiritera del sarto che ha buona stoffa ma non la sa utilizzare. Parole che lasciarono, eccome se lo lasciarono, il segno, visto che, poco dopo, a Zac venne dato il ben servito.
Il rinnovo del contratto firmato, il primato in classifica e la possibilità di giocarsi la qualificazione al Camp Nou. Nulla (per ora) lascia presagire che con Allegri il risultato sarà il medesimo, ma certo è che il nuovo riavvicinamento alla causa da parte di Berlusconi (ieri è stato nominato dal consiglio d’amministrazione “Presidente onorario per acclamazione”, ndr) potrebbe, a lungo termine, creare qualche gratta capo in più al tecnico livornese. Perché da più di un ventennio a questa parte, quando si firma con il rossonero si sposa un determinato modo di stare in campo più che di vincere o di perdere. Insomma, occhio a come il sarto cuce la stoffa…