C’è un Milan che va meglio del Milan. Non è maschile, naturalmente. Sono le Milan Ladies, che domani si giocano la quarta di campionato con il Padova. E che, come il Milan di Montella, il derby l’hanno già giocato. Peccato che Donnarumma e company l’abbiano perso 3-2. Le ragazze, invece, hanno strappato un 2-2. A proposito di Donnarumma, anche nelle Ladies c’è una diciottenne. Olga Ferraro, centrocampista classe (come Gigio) 1999. La ragazza racconta e si racconta ai microfoni di SpazioMilan.it. Fra obiettivi personali, di squadra e un calcio femminile (quello italiano) decisamente arretrato.
Obiettivo di squadra?
“A livello di squadra l’obiettivo è arrivare fra le prime tre. Secondo me quest’anno siamo una buona squadra. Con ragazze molto forti e anche di esperienza. Siamo un mix di esperienza e giovani. Credo che possiamo fare bene perché c’è il carisma delle grandi e la determinazione e la voglia di farsi vedere delle più piccole. Oltre alle giocatrici in sé, anche lo staff è molto preparato. Dal mister al suo secondo, dal preparatore atletico al fisioterapista. Ci sono tutti vicini”.
Come vi vedi rispetto a squadre già più amalgamate come l’Inter?
“Sono convinta che per i primi tre posti possiamo batterci. Nonostante squadre come l’Inter appunto, ma anche il Meda o l’Azalee, siano già più mature. Loro si conoscono meglio, noi siamo un gruppo nuovo. Stiamo iniziando a conoscerci e a interiorizzare quello che chiede il mister. Giocare palla a terra, essere padroni del campo: alla fine è questo che ti porta a vincere. Durante la partita l’obiettivo dev’essere quello di dettare le regole del gioco, avere in mano il match. Quando sapremo metterlo in pratica, allora sarà tutto più facile. Sappiamo bene che per arrivare in alto serve un percorso, fatto da tanti piccoli gradini”.
A livello personale, cosa spinge una diciottenne come te a fare tanti sacrifici per un calcio che in Italia non è neanche professionistico?
“Di sacrifici ne faccio tanti. Da quando studio di notte ai weekend in cui il tempo per studiare proprio non c’è. Eppure gioco, gioco per pura passione. Senza quella avrei probabilmente mollato già anni fa. Ammetto che a volte mi chiedo anche io chi me lo stia facendo fare. Però poi ci penso e capisco che mollando il calcio non guadagnerei niente. Mi importa giocare, non ho altri fini. Faccio tanti sacrifici sapendo che il calcio è la mia passione. E se la domenica il mister mi mette in panchina è perché merito di stare in panchina. Non gioco questa domenica? Farò di tutto per esserci alla prossima. Sono giovane, il tempo è dalla mia parte”.
La tentazione di andare all’estero l’hai mai avuta?
“Si, ci ho pensato. Non per soldi ovviamente. Ma per conciliare studio e passione. Per giocare a calcio e imparare a conoscere una seconda lingua”.
Serie A e Serie B: tutte dilettanti. Perché in Italia siamo così indietro?
“Non lo so perché siamo così indietro. In Italia abbiamo tutti questa idea dello sport un po’ maschilista. Io in primis fra una partita di calcio maschile e femminile scelgo quella maschile. E’ una cosa che viene imposta a tutti fin da piccoli del resto. Le tv, le radio, i giornali parlano tutti dello sport maschile. Quindi siamo portati anche noi a vederla in quell’ottica”.
E’ vero che il calcio femminile è meno bello da vedere?
“In realtà no. Ci sono individualità forti e grandi squadre anche nel nostro calcio. Fra donna e uomo in fisicità vince sempre l’uomo. Ma per tecnica, tattica, determinazione la donna può anche primeggiare. Sta tutto nell’impronta che l’allenatore vuole dare alla squadra”.
In sostanza esiste un’effettiva differenza fra uomini e donne a livello qualitativo?
“Dipende dalla scuola da cui provieni. Se sei stata cresciuta da mister che privilegiano la tecnica, allora probabilmente sarai tecnicamente dotata, tanto quanto lo sono gli uomini. Alla fine non è solo la tecnica che fa un calciatore. Ci sono cose come il carattere o la determinazione che non si imparano. Si hanno e basta, che si sia uomini o donne. E penso sia questo ciò che più conta”.