Bosman, martire dei suoi ideali

La storia  insegna che i rivoluzionari hanno avuto sempre una vita difficile, dalle loro torbide esperienze e dalla loro capacità di reagire la nostra società si muove e non resta un appendice di stessa. Uno degli ultimi paladini della “libertà calcistica” oppure colui che ha reso la figura sempre di più un mercenario?

Jean-Marc Bosman portò il suo caso di “mobbing” alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee denunciando una restrizione alla libertà di commercio ed individuale. La sua battaglia legale si dispiego su tre livelli differenti: una contro la federazione calcistica belga,  una contro il suo club che aveva chiesto la risoluzione contrattuale (Liegi)e l’altra contro la Uefa. Dopo cinque anni di Il processo terminl 15 dicembre 1995 la corte stabilì che il sistema fino ad allora in piedi costituiva una restrizione alla libera circolazione dei lavoratori e ciò era proibito dall’articolo 39 del Trattato di Roma. Da quel momento in poi a Bosman e a tutti i calciatori dell’Unione Europea fu permesso di trasferirsi gratuitamente alla fine del loro contratto, e fu garantita la possibilità firmare un pre-contratto con un altro club, sempre a titolo gratuito, se il contratto attuale ha una durata residua inferiore o uguale ai sei mesi. Da quel momento in poi il Calcio cambia definitivamente il suo volto facendosi precursore dell’attuale società globalizzata.

L’unico forse a non incassare l’adeguata soddisfazione è proprio il protagonista di questa nuova era calcistica. Dopo la sentenza il povero Bosman ha  trovato le porte chiuse davanti a se, quella che doveva essere una conquista è diventata una trappola, perché da quel momento in poi resta isolato dal mondo del calcio giocato. Diventa una sorta di eretico sui quali far ricadere le colpe di un sistema che gà da allora mostrava le più evidenti disfunzioni. Oggi Jean-Marc oggi ha 46 anni ed ha seri problemi di alcolismo, forse non è mai riuscito ritrovarsi dopo il successo “ideologico”. Attualmente vive nella periferia di Liegi, lontano dalla sua famiglia e dai suoi figli, sopravvive grazie ad un sussidio per la disoccupazione, 700 euro circa, mentre i suoi colleghi firmano contratti a sei zeri. Esteticamente provato, privo quasi ormai della sua chioma sbarazzina, si presenta con un volto stanco e fisico appesantito. Lui è senza dubbio uno dei martiri del calcio perché ha sue spese ed a sua immagine ha sopportato il peso della ricchezza degli attuali campioni. Se adesso gran parte delle stelle mondiali ha un conto a sei zeri, devono ringraziare anche a Bosman che con la sua sentenza si è battuto in nome di un principio e non per inseguire il profumo delle banconote appena stampate.  Bosman al tabloid inglese Sun confessa che: “non chiedo nulla ai miei colleghi, sono contento per loro e orgoglioso di aver fatto in modo che non siano trattati piu’ come schiavi. Chiedo solo che la gente sappia chi c’e’ dietro quella legge: un ragazzo che e’ diventato un alcolizzato”.

Alessandro D’Auria

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