L’era dei 2 punti è tornata. Montella con la tabelline va a dormire contento: il suo Milan, fino adesso, ha conquistato 11 lunghezze su 22 e la media è spaccata, rotonda e molto positiva. Di questo passo si terminerebbe il campionato a quota 76, vorrebbe dire il massimo dopo il 2012 (l’anno del secondo posto, a -4 dallo scudetto della Juve, l’anno di Ibra e Thiago Silva). La storia dice che, di questo passo, si va in Champions League.
Milan-Pescara, nel suo piccolo, ha cambiato la percezione della stagione. Prima di domenica l’obiettivo sembrava sempre e solo l’Europa, ma l’ennesima vittoria, insieme al pareggio della Roma ad Empoli, il ko del Napoli a Torino e il grande caos dell’Inter lasciano almeno la possibilità di pensare a qualcosa di più. La squadra resta in costruzione, per certi aspetti ancora acerba e sicuramente poco capace di controllare le gare. Poi ci sono gli aspetti incoraggianti, a partire dal pubblico che ha smesso di fischiare in massa – a parte in minima parte Sosa, domenica – ed è stato protagonista dei ringraziamenti della squadra dopo il 90esimo nella classica ma non scontata corsa sotto la Curva Sud. Stanno (ri)cambiando i tempi. Un anno fa nemmeno Mihajlovic se la passava male con la matematica. All’11ma aveva 19 punti e in diverse circostanze ricordava l’importanza di mantenere proprio la media di 2 punti. I problemi cominciarono più avanti.
A Montella “basterebbe” proseguire così, perché al 99% raggiungerebbe il terzo posto come minimo. Questo in base ai precedenti, ovviamente, i quali però hanno un paio di eccezioni: nel 2014 il Napoli arrivò terzo a 78, nel 2016 la Roma ha chiuso a 80. Il livello, dunque, deve sempre salire e la parola chiave resta la stessa: continuità. In aiuto c’è il calendario, perché il prossimo mese è onestamente più favorevole rispetto al recente passato: Palermo, Inter dopo la sosta, Empoli e Crotone a San Siro. Sulla carta si possono prevedere 8 punti in 4 partite, ma senza punti nel derby i tifosi non firmerebbero neanche per 9.