Se è un sogno, non svegliateci. Perché ad oggi, 17 ottobre, il Milan di Montella sta volando. Verona – sponda Chievo – è stata tutt’altro che fatale per l’Aeroplanino e i suoi ragazzi, capaci di piegare 3-1 la solida e tonica compagine gialloblu: una vittoria in uno scontro diretto, ma soprattutto contro una squadra che non perdeva in casa da ben nove mesi. Lo stentato inizio rossonero, tra qualche brutto ko (vedi l’Udinese) e soprattutto una fase difensiva inadeguata, è solo un cattivo ricordo: un filotto di risultati e prestazioni di spessore ha proiettato il Diavolo addirittura al secondo posto in classifica, dietro di 5 punti solamente alla corazzata Juventus. Vecchia Signora che sabato sarà ospite a San Siro proprio dei rossoneri: Milan-Juve tornerà a essere una sfida attesa e d’alto rango dopo anni di vacche magrissime, non accadendo di fatto dal primo anno di Conte sulla panchina torinese.
Ma anche se sognare il big match di sabato contro Buffon e compagni è estremamente accattivante, è doveroso fare un passo indietro a Chievo-Milan. E analizzare gli aspetti più importanti di una trasferta che, per risultato e prestazione, ha avuto un esito cruciale: togliere il Diavolo dal cono d’ombra nel quale era piombato dopo un mercato low profile e un negativo avvio di stagione. E candidarlo a pieno titolo nella bagarre per un posto in Champions League. Tornando più sul campo e sulla partita, il dato probabimente fondamentale è l’ennesima conferma di aver trovato equilibrio e compattezza: la fase difensiva di reparto e di squadra ha retto egregiamente, “cedendo” solo a una magia da calcio piazzato. Ma piace (e molto) anche la capacità e la pazienza di leggere le partite, “attendendo” quando necessario e aspettando il momento propizio per far male: una sfaccettatura figlia di Montella e del suo lavoro tattico e psicologico sui giocatori. Una dose di fortuna – sempre necessaria per ottenere grandi risultati nel calcio – c’è e ha aiutato, ma gli elementi principali dell’exploit sono la concentrazione, la garra e il cinismo, attribuibili all’applicazione dei ragazzi ma soprattutto alla bravura tecnico.
Vedendo la classifica, la domanda sorge spontanea: è questo un Milan da primissimi posti anche in proiezione maggio? Più no che sì. Perché se questo avvio di campionato lo ha proiettato meritatamente alla seconda piazza, Roma e Napoli – in attesa che l’Inter ingrani – hanno rose e meccanismi di gioco decisamente più collaudati e pronti per reggere sul lungo termine. L’auspicio, come scritto in tempi non sospetti su queste colonne, è che il Milan arrivi a gennaio non troppo lontano dalla zona Champions e che con un grande mercato possa avere le “armi” adeguate per lottare alla pari. Immaginare un Natale sul podio, nonostante una partenza grandiosa e le difficoltà delle avversarie, appare un po’ velleitario: la qualità del gioco ha ampi margini di miglioramento, ma il calo fisiologico che avrà qualche singolo e i pochi cambi (Niang, per esempio, ha caratteristiche uniche) spingono ad avere prudenza. Ma al netto di un basso profilo doveroso per non caricare l’ambiente di inutili e dannose pressioni – il difficile sarà gestire le aspettative che si stanno man mano creando – godiamoci il momento. E torniamo a respirare aria d’alta classifica come non accadeva da troppo tempo. Ce lo meritiamo tutti.