Lettera aperta ai tifosi: il Milan, Fininvest, i cinesi, il rispetto e la calma (che è la virtù dei forti)

È stata dura, tosta, difficile. È stata una settimana ricca di colpi di scena, epilogo di un anno e mezzo terribilmente complicato, al limite dell’incomprensibile. In costante bilico tra presente e futuro, tra la necessità di comprendere il domani del Milan e la sensazione di venire amaramente presi in giro. Credo che nessuno augurerebbe nemmeno al suo peggior nemico di assistere ad un’odissea sportiva come quella che voi tifosi rossoneri – insieme a noi, addetti ai lavori – avete vissuto sulla vostra pelle quasi quotidianamente. Almeno da quando – ed era l’ottobre 2014 – il bivio societario era questione di una lettera: Bee o Lee? Da quel momento, dalle sempre più frequenti visite in territorio italiano, tra stadio, alberghi e ristoranti, i nomi si sono sprecati. Gli advisor anche. Le cordate pure. I soldi? Ecco i soldi non proprio, se è vero che le ultime tracce di investimenti per il mercato risalgono alla prima fase dell’estate 2015, con Bacca, Bertolacci e Luiz Adriano in un sol boccone, scatenando più perplessità che vero entusiasmo.

Doveva essere l’ultimo mercato sotto l’egida esclusiva di Silvio Berlusconi. E in pratica lo è stato, visto che a gennaio era arrivato il solo Boateng (svincolato) e la sessione in corso, parola di Adriano Galliani alla presentazione di Montella, è stata condivisa fin dal principio con Nicholas Gancikoff, rampante e misterioso personaggio in odore di “promozione” ad amministratore delegato proprio al posto del vecchio guru di Elettronica Industriale. Ma ormai avete capito, abbiamo capito, che nulla può essere scontato – e non può esserlo nemmeno nello sport – quando in mezzo c’è una figura politicamente di spicco negli ultimi vent’anni, quando si cerca di fare affari con una repubblica lontana e così ingarbugliata come quella cinese e, soprattutto, quando in mezzo ci sono tanti, tanti soldi. Già, i soldi. Sempre lì si torna. Materia complicata per voi come per noi, bisogna ammetterlo. Ed è per questo che alla fine, tirando le somme, ho voluto condividere con voi sul mio profilo Twitter quella che credo sia una sacrosanta verità: «Se da un lato è il rischio del mestiere, credo che la nostra categoria esca devastata dall’hashtag #CessioneMilan. E, ahimè, meno credibile».

Ora, senza entrare nel merito delle questioni, sia quella strettamente legata al futuro del Milan (avremo modo di farlo, anzi, lo facciamo tutti i giorni qui su SpazioMilan.it) sia quella da corollario legata al presente della nostra professione (seppur mi prema specificare che, mai come a questo livello, le notizie di “prima mano” siano sistematicamente imbeccate da chi vuole renderle pubbliche. Nessun genio giornalistico, nessun numero uno-due-tre), ciò che realmente mi preoccupa è il clima di insofferente tensione che si è creata con tanti di voi, tifosi e lettori stanchi, figli di un Milan blasonato fino a ieri, oggi molto più sensibili alle questioni economiche, ma anche molto più pungenti e critici nei confronti del nostro operato. Ci sta, anzi, ben venga che sia così: l’attenzione del lettore porta chi fa informazione ad essere sempre più attento, preciso, a non lasciare davvero nulla al caso. È il tipo di informazione che abbiamo sempre pensato per SpazioMilan.it. E che, posso dirvelo, ci ha permesso di chiudere un mese di luglio eccezionale sia come traffico sul sito, sia come partecipazione sui nostri profili social.

Ma a tutto, naturalmente, c’è un limite. Forse più limiti insieme. Il nostro obiettivo, ad esempio, non è quello né di farci garanti e men che meno di farci promotori della voglia di rivoluzione dei tifosi: non è il nostro compito, non siamo una setta o un movimento culturale. Siamo un sito d’informazione sportiva, una testata registrata in Tribunale, una realtà che dà spazio pressoché a tutti, ma che non punta al gradimento universale. Piacere a tutti vorrebbe dire, credo, non avere una linea, un filo conduttore in grado di unire gli apprezzati racconti del passato di un giornalista Mediaset come Andrea Saronni e i pensieri sul presente di un volto noto come quello di Cristiano Ruiu. Possono piacere o meno, proporsi con concetti estemporanei o versioni scomode: nulla giustifica e potrà mai giustificare il rancore di chi, pensando forse di fare il bene del Milan, attacca senza motivo chi nutre dubbi più o meno legittimi.

E il mio pensiero non può che andare a Cristiano Ruiu, portatore di un’idea diversa anche dalla versione che noi stessi abbiamo raccontato. Ma, fino a prova contraria, informazione e opinione sono due campi parecchio diversi: il nostro compito è quello di attenerci a fatti (e indiscrezioni) da veicolare, sfociando nell’opinione solo quando a parlare è il campo; Cristiano cerca di andare un po’ più in profondità, libero di farlo perché è il suo ruolo che glielo permette. Come ognuno di voi, ça va sans dire, è libero di seguirlo o meno. In tanti mi avete scritto, chiedendomi perché, in relazione al suo punto esclusivo pubblicato ieri su SpazioMilan.it, ho anticipato che qualcuno si sarebbe pure potuto ricredere. Ebbene, mi ha colpito la parte finale del suo pezzo, la trasposizione del Cristiano di ieri con il suo papà e del Cristiano di domani con suo figlio: ieri, ai nostri papà, bastava raccontare la storia di un imprenditore ambizioso tifoso del Milan da sempre; domani, cari lettori, non è ancora ben chiaro cosa racconteremo ai nostri figli. Forse sapremo solo nomi di capocordata e mai quelli di chi metterà fattivamente i soldi. O forse li scopriremo presto. E, forse, non ci stupiremo più di tanto.

Ma i nomi, state fin d’ora tranquilli, non saranno mai contenuti in alcun comunicato di alcuna società: nessuno è obbligato a farlo e ciò che si veicola in via ufficiale è solo ed esclusivamente ciò che si desidera davvero veicolare. Un po’ come quando si fa male un calciatore: alzi la mano chi ha sempre creduto, in maniera incondizionata, ad ogni singola diagnosi riportata in una nota ufficiale di una società. Le sfere sono diverse, il concetto è il medesimo. Ma se nessun club, società o consorzio è obbligato a condividere con i tifosi (e con i giornalisti) il 100% della realtà dei fatti, il buonsenso e l’educazione sono e restano obbligatori per tutti. Tutti quanti.

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