Marco Bellinazzo, noto giornalista de Il Sole24Ore, ha provato a fare chiarezza sulla notizia del giorno in casa rossonera, ovvero la mancata chiusura (definitiva?) della trattativa fra Silvio Berlusconi e Bee per la cessione del 48% delle quote del Milan. “La trattativa tra la Silvio Berlusconi e mister Bee, – scrive Bellinazzo attraverso il proprio blog –, per la cessione del Milan non è saltata. I canali di comunicazione sono attivi quotidianamente e l’offerta cinese del broker thailandese è ancora quanto di meglio ci sia sul tavolo. Questo è il messaggio che trapela in queste ore dall’Estremo Oriente e questo è quanto confermano ambienti vicini alla stessa Fininvest”.
“C’è tuttavia una situazione di grave stallo. Detto brutalmente, mister Bee non ha ancora i fondi per poter staccare l’assegno da 480 milioni di euro e onorare gli impegni. Detto in modo più articolato, la squadra degli investitori cinesi “incaricati” dal Governo di Pechino di mettere i piedi anche in Serie A, dopo lo shopping in Liga (Atletico Madrid, Espanyol) e Premier (Manchestyer City attraverso il Football City Group valutato 3 miliardi di sterline), è da riassemblare”. Ma perché la trattativa sembra arenata da tempo? “Esistono, due ordini di impedimenti. Il primo di natura politico. Il Governo di Pechino e il partito comunista cinese non sono un monolite, ma sono attraversati da correnti e gruppi in contrasto fra loro. E fini qui mister Bee non ha saputo destreggiarsi perfettamente con le alchimie di questo universo ed evidentemente non ha saputo dosare con il bilancino le presenze di aziende legate e questo o quel membro influente nella sua cordata. Tant’è che a settembre 2015 Citic Bank, il suo principale finanziatore, ha fatto venir meno improvvisamente il suo appoggio, costringendolo a rinunciare all’esclusiva sulla trattativa. L’alleanza è stata poi riallacciata e mister Bee anche per tutelare gli altri suoi investimenti nel Paese sta lavorando per allargare il consenso verso la sua iniziativa. Senza trascurare comunque il secondo ordine di impedimenti, quello di carattere più spiccatamente finanziario/societario. Senza dubbio le turbolenze sui mercati asiatici e cinesi non stanno giovando alla ricerca di un’intesa, ma non sono l’ostacolo principale. Dalla quotazione passa, nel business plan di mister Bee e soci, l’acquisizione del controllo finale del Milan. Ma lo sbarco in una Borsa asiatica e il preliminare rilancio della squadra per accrescerne il valore richiedono almeno un paio di anni. Nel frattempo i potenziali acquirenti pretendono di incidere sulla governance societaria, di avere voce in capitolo, pur essendo in minoranza. Anche perché l’impegno richiesto, i famosi 480 milioni, è notevole. Una devolution di poteri che ad Arcore faticano da sempre a digerire. Molti dei potenziali investitori sono già usciti di scena, come la Ads Securities di Abu Dhabi, quando Berlusconi ha cambiato idea (a maggio del 2015) e non ha più voluto cedere il 51% del Milan”.
La possibile soluzione? “Paradossalmente, – continua Bellinazzo -, sarebbe molto più semplice, fanno sapere della Cina, comporre un nucleo di imprenditori che stacchino assegni per 700/800 milioni per comprare subito l’intero Milan. Questa valutazione del team, che tanto fa discutere in Italia, non è considerata eccessiva e si spiega non certo in base agli attuali fondamentali patrimoniali della società, ma solo se proiettato nello scenario dello sviluppo industriale e globalizzato del calcio cinese. Uno scenario che gli acquisti record del calciomercato di gennaio da parte di squadre del Dragone, che hanno speso di più di quelle della Premier, e di più di quella di Serie A, Liga, Bundesliga e Ligue 1 messe assieme, rendono quanto mai concreto”.
“Il Milan sta valutando anche altre manifestazioni di interesse. Non quella del fondo Usa Madison, su cui pure ci sono state molte indiscrezioni nelle ultime settimane. La più accreditata viene considerata una proveniente sempre dalla Cina. Ma si è ancora in una fase del tutto embrionale. Per ora insomma, il Milan non sembra aver trovato il suo Marco Polo, visto che uno dei pochissimi affari sull’asse Europa-Cina fallito a gennaio è stato quello di Luiz Adriano rincasato mestamente a Milanello”, conclude il giornalista.