Queste le dichiarazioni rilasciate oggi Milanello da Giacomo Bonaventura, intervistato in esclusiva da “Premium Sport”.
Sul debutto in Serie A 19 anni: “Avevo 180 pulsazioni a riposo, ma poi, appena entrato in partita, ho giocato con tranquillità. Avevo sempre sognato quel tipo di palcoscenico, è un ricordo indelebile. Dei 4 anni con l’Atalanta la più grande emozione è la doppietta a San Siro contro l’Inter. Il gol più bello? Anche quello contro l’Inter, quella volta in casa, di testa. Da giovane ero molto emotivamente coinvolto, ora la tensione la gestisco meglio: penso sia un processo che fa parte della crescita di un calciatore. Separarmi dall’Atalanta è stato difficile perché è la squadra che mi ha cresciuto ma la carriera di un calciatore è corta e bisogna cercare di raggiungere le ambizioni: una chiamata di una società importante come il Milan non poteva essere rifiutata“.
Sul mancato trasferimento all’Inter: “La situazione è stata surreale: ero venuto a Milano per trasferirmi all’Inter, ma loro dovevano cedere un giocatore e questa cessione non si è concretizzata. Ho aspettato tutta la giornata, poi la sera è arrivata la telefonata di Galliani che mi convocava a Casa Milan. E’ stato il momento più emozionante della mia carriera calcistica: dopo tanti anni di sacrifici in provincia questa chiamata è stata la più grande gratificazione. Ed è vero: al momento della firma mi sono emozionato molto”.
Sui gol in maglia rossonera: “Il mio pallonetto a Cagliari come quello di Savicevic al Barcellona? Quello però era in una finale di Champions… Diciamo che è stato molto bello anche il mio, anche se un po’ fortunoso. Anche il primo a San Siro è stata una grande emozione, poi contro una squadra forte come il Napoli: una serata indimenticabile“.
Su Sinisa Mihajlovic: “Con lui ho un bel rapporto, forse non ne ho mai avuto uno simile con un allenatore specialmente dal punto di vista umano. Certo, quando c’è da spronare la squadra sa anche essere cattivo: ha grandi qualità come persona e a livello tattico cerca di darci la sua impronta. Il lavoro che stiamo facendo è giusto e penso porterà a dei risultati: pensavamo di fare qualcosa di più, ma siamo veramente uniti e lottiamo assieme per ottenere il massimo“.
Sui tifosi che lo considerano ormai un leader: “Sono un giocatore importante: i tifosi guardano l’atteggiamento, il modo in cui uno sta in campo e io sono così. Ma io non lo faccio per attirare simpatie, semplicemente per aiutare la squadra. Non è importante per me essere considerato un leader, mi interessa dare il giusto esempio alla squadra“.
Sulla poca continuità del Milan: “Le ultime partite abbiamo giocato bene, mettendo sotto anche squadre importanti. Penso ci voglia tempo, il mister è arrivato da pochi mesi. I risultati stanno cominciando a vedersi, ma non è facile, l’unica cosa in cui credo fortemente è la voglia di lottare e di migliorarsi e queste caratteristiche fanno parte di questo gruppo. Sono fiducioso. Non è vero che ci sono pochi giocatori di personalità: qui c’è gente che ha vinto, che ha giocato in grandi squadre e sa come ci si deve comportare. A volte la mancanza di vittorie fa sì che le critiche riguardino qualsiasi aspetto: la poca personalità, l’allenatore, i dirigenti. Quando invece si vince si diventa tutti bravi: sono i risultati a spostare le opinioni e noi dobbiamo concentrarci sul campo per ottenerli”.
Sulla Nazionale: “Mi sento pronto per giocare titolare, anche perché sono un po’ di anni che i miei rendimenti sono buoni. Voglio convincere il mister e diventare un giocatore importante anche per la maglia azzurra, per la quale darei il massimo“.
Sui suoi idoli: “Da bambino mi piacevano tantissimo i numeri 10, i fantasisti e in quegli anni Zidane è stato uno dei più grandi. Oggi ci sono tanti giocatori che ammiro: negli ultimi mesi, ad esempio, le prestazioni di Neymar sono state incredibili, ha fatto la differenza in quasi tutte le partite che ha giocato. Considerando invece il mio ruolo, esterno nel 4-4-2, il giocatore più forte in circolazione forse è Hazard“.