Piermaurizio Di Rienzo è giornalista professionista dal 2006 e coordinatore dei contenuti di SpazioMilan.it dal 2012. Dopo quasi un decennio di redazioni (Il Giornale, Leggo, Libero, Radio Lombardia e Sole24Ore), si è occupato per oltre due anni della comunicazione di alcune tra le più importanti manifestazioni fieristiche europee per poi intraprendere la strada di Food&Beverage Manager e CEO di una società del settore moda a Milano. Conduce il varietà sportivo “Falla Girare” ogni domenica su Radio Reporter. E’ direttore editoriale della free press pomeridiana Mi-Tomorrow.
Centocinque minuti. Tanto è durata l’agonia per avere la meglio su un volitivo Crotone, ma pur sempre il Crotone. A salvare il Milan dalla figuraccia (colossale) ci ha pensato Giacomo Bonaventura nei supplementari. Seguito poi a ruota da M’Baye Niang. Proprio i due protagonisti del match di sabato contro la Sampdoria hanno rimediato ad una situazione che poteva diventare a dir poco imbarazzante. Già, ma l’imbarazzo resta. Eccome.
C’è da riflettere su due questioni. La prima riguarda Sinisa Mihajlovic. Che senso ha rivoluzionare modulo e interpreti a tre giorni dalla sfida vinta contro i blucerchiati? E, soprattutto, quali indicazioni trae un tecnico che si vede salvato solo dai “soliti noti”, sconfessando nei tempi supplementari ogni valutazione pre-partita. Il secondo tema è noto da tempo e riguarda le cosiddette “seconde linee”. Come si fa a reclamare spazio, a suon di frecciate sui giornali e sui social, presentandosi in condizioni pietose alla prima occasione utile?
Il riferimento è a gente come Josè Mauri, Suso, Nocerino, Honda. Ma anche De Sciglio e Zapata, ormai spettri che faticano a correre sul prato verde di San Siro. Ci vuole un bel coraggio a presentarsi con addosso la maglia del Milan senza la minima capacità di combinare un’azione degna di questo nome. Se questo può essere servito una volta per tutte per chiarire le gerarchie, ben venga il gelo di Milan-Crotone. Proprio quel gelo che ha ghiacciato le vene dei tifosi accorsi a San Siro per uno scempio rimediato solo nel finale. C’è da chiedere comunque scusa per quei centocinque minuti.