Minuto numero 54, Milan 1, Barcellona 2. L’inizio della ripresa è tutto di marca blaugrana che sfiora il doppio vantaggio più volte e pressa alto il Milan non facendolo respirare. Palla vagante in area catalana, Pato la colpisce di testa, ancora di testa un difensore spagnolo anticipa Ibra, la palla arriva al limite dell’area dove come un falco arriva Kevin Prince Boateng che la aggancia in maniera prodigiosa, dribbling con tacco annesso su Abidal e esterno destro velenoso che beffa Valdes sul suo palo. San Siro rischia di crollare, la gente impazzisce e non crede ai propri occhi: il Boa ha fatto qualcosa che ha dell’incredibile e ha portato la sua squadra sul momentaneo pareggio, sfoderando davanti a sua maestà Messi una perla per esplosività, classe e velocità d’esecuzione.
Magia , che visto il risultato non servirà a nulla, ma rimarrà per sempre nel cuore di tutti i tifosi rossoneri, che ormai, per la stragrande maggioranza, lo venerano come idolo indiscusso della Sud. Un trascinatore, un leader, un fuoriclasse assoluto che unisce quantità e qualità in maniera impeccabile; velocità, tocchi di classe, inserimenti e tiri in un coktail perfetto di potenza e tecnica da top player. Con il gol di mercoledì sera il ghanese è arrivato a quota sei in questa prima parte della stagione e nella speciale classifica dei cannonieri rossoneri è secondo alle spalle solo di WonderIbra.
Nella passata stagione l’unico neo fu il lungo infortunio che lo tenne fuori per quasi tre mesi, proprio quando Allegri gli aveva trovato la collocazione giusta in campo: dietro le due punte a sfruttare la sua grandissima dote di inserimento in zona gol. Mossa che aveva portato degli ottimi risultati, con la sua doppia firma nel tabellino dei marcatori per due partite di fila, Brescia e Bologna. Poi il lungo stop, coinciso guarda caso con il periodo peggiore del Milan ed il suo rientro definitivo nell’undici titolare che fu fondamentale nell’inarrestabile cavalcata finale del Diavolo verso il suo diciottesimo tricolore.
Fin qui in questa stagione, invece, la sua pecca è stata la continuità. Gol decisivo a Pechino in Supercoppa, infortunio a Barcellona nell’andata di Champions e rientro con espulsione contro la Juve. Qualche critica di troppo per la sua presunta movimentata vita privata e risposta rabbiosa con un gran gol in coppa contro il Bate. Capolavoro a Lecce, dove messo in panchina nei primi 45′, entra con una tale rabbia in campo nella ripresa, che quasi da solo capovolge il risultato, portando il Milan dal 3-0 al 3-4 con una tripletta da urlo. A Roma, mentre esce rivolge qualche parola offensiva di troppo al quarto uomo e l’arbitro lo espelle dalla panchina. Fuori due giornate per squalifica e società infuriata con lui. Di nuovo critiche, ma di nuovo una risposta rabbiosa con il gol bellissimo al Barça.
Ora, in campionato rientra dopo aver scontato la squalifica, nel posticipo domenicale casalingo contro il Chievo. E, se contro il Catania la prova maiuscola di gruppo non ha fatto sentire troppo la sua assenza, a Firenze ci sono mancati i suoi inserimenti, la sua rabbia, la sua grinta. Nove presenze, sei reti. Niente male per uno che di professione ha fatto sempre il centrocampista e certo, non il goleador. In mezzo tanta corsa e tanta roba per un Milan che ha bisogno del suo Principe. Ha bisogno dei suoi scatti, ha bisogno dei suoi tiri, ha bisogno del suo trascinatore. E visto che è un pò permaloso, l’importante è farlo arrabbiare…