Mauro Bergamasco è un simbolo del rugby italiano. Come il fratello Mirco è figlio d’arte: papà Arturo, anch’egli flanker, si guadagnò 4 presenze in Nazionale negli anni Settanta. Insieme condividono il tifo per il Milan, una passione scaturita all’epoca dei tre olandesi. “Altri tempi“, racconta in esclusiva a SpazioMilan.it.
Oggi che Milan è?
“Sai, diventare rossoneri all’epoca di Van Basten, Gullit e Rijkaard lascia il segno. Oggi è cambiato tutto e anch’io faccio fatica a seguire l’evoluzione della squadra. Mi piacerebbe vedere sempre quel bel gioco”.
E Inzaghi?
“Non conosco benissimo l’ambiente. Credo, però, che se riuscirà a trasmettere la passione, il tempismo e l’aggressività che ci metteva in campo, avrà trovato il giusto mix”.
Uno che sa farsi seguire…
“Ha la capacità di diffondere adrenalina. I giocatori devono seguire uno così”.
Chi servirebbe al Milan?
“Siamo troppo abituati a cercare il grande giocatore. Penso, piuttosto, che ognuno debba seguire se stesso senza badare troppo a diventare questo o quell’altro. Conta sempre il gruppo. Faccio un esempio dal rugby”.
Quale?
“Bisogna cambiare la mentalità di chi guarda dall’esterno lo sport. Nel rugby Dominguez ha smesso di giocare e tutti si chiedevano chi potesse essere il nuovo Dominguez. Come lui ce n’è uno e stop. I giocatori devono formarsi con il loro carattere, gli attributi e la voglia di arrivare per avere qualità atletiche e mentalità da grande giocatore. Più che cercare un top-player, serve incitare una squadra per portare tutti verso l’eccellenza”.
Servirebbero anche nuovi Bergamasco…
“Questo lo dicono gli altri. Io lotto e cerco di essere utile a chi è in campo. Fatemi smettere e poi vi saprò dire”.
Che momento è per il rugby italiano?
“Molto particolare, siamo a dieci mesi da un appuntamento estremamente importante come la Coppa del mondo. L’Italia non arriva da grandi vittorie, ogni giocatore mettersi a disposizione e rimboccarsi le maniche”.