8 ottobre 1968 – 8 ottobre 2011. Potrebbero sembrare le date di un qualsiasi giocatore, ma qui si parla della storia del calcio rossonero. Quella storia che in pochi hanno potuto e saputo scrivere e che, ancora di meno, possono godere del loro ricordo nelle teste dei tifosi. Uno di questi, non ha caso un numero 10, è Zvonimir Boban. 43 anni oggi, 10 di Milan sulla spalle ieri, coronati da tante vittoria insieme.
Il primo a notarlo, prima di chiunque, è quel Fabio Capello che tanto ha amato. Quell’allenatore che lo nota nella Dinamo Zagabria e decide di portarlo in Italia a soli 23 anni: siamo nel 1991. Prima di tentare l’avventura in rossonero, Capello lo manda a Bari a farsi le ossa, in una piazza tranquilla dove poter esprimere tutto il suo talento. Una stagione e via, dove Zorro fa il suo esordio in Serie A (il 17 novembre 1991, Bari-Lazio 1-2) per poi tornare a casa, a Milano. E qui Boban, il croato più forte di tutti i tempi, incomincia a scrivere la storia.
Boban è un giocatore completo, alla Kakà per paragonarlo ai giorni d’oggi: trequartista dalla tecnica sopraffina, superbo nell’ultimo passaggio, imprevedibile nelle conclusioni e maestro dei calci piazzati. Non ci mette molto ad affermarsi nel Milan di Capello: insieme vincono 4 scudetti (l’ultimo, quello del ’99, in panchina c’era Zaccheroni), 2 Supercoppe italiane, 1 Coppa dei Campioni e 1 Supercoppa europea. Dopo 10 stagioni ad alti livelli, nel 2001, con 30 gol in 251 presenze con i rossoneri, Zvone lascia il Milan per il Celta Vigo dove, dopo qualche mese, decide di ritirarsi dal calcio.
“Boban è così bravo che ti vien voglia di sederti in mezzo al campo e di guardarlo mentre gioca”. Le parole, profonde e commeventi, sono di Manuel Rui Costa nell’agosto nel 2001 quando esce la notizia del ritiro di Boban: “Qualcuno dice che è stato discontinuo? Non si può inventare per 90′ di seguito. Boban aspettava l’ispirazione. Chi inventa calcio, come Zvone, fa così”.