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Dove sono finiti? Quelli che il Milan quest’anno è da retrocessione, quelli che Berlusconi deve vendere, quelli che Galliani è incompetente (o addirittura peggio), quelli che abbiamo fatto un mercato ridicolo, quelli che abbiamo preso gli scarti del PSG? Non ci voleva Nostradamus per capire che una squadra unita e coesa, costruita da un bravo dirigente finalmente senza bastoni tra le ruote e affidata a un allenatore umile e appassionato avrebbe fatto meglio, molto meglio dell’anno scorso. Strano che non l’abbia capito chi si ritiene il nume tutelare della verità rossonera e che invece avrà bisogno solo di una buona tutela legale. Questo non significa che Pippo abbia risolto tutti i problemi del Milan. Ma ha risolto quello più importante: siamo tornati ad essere una squadra, siamo tornati ad essere il Milan. E la gente inizia ad accorgersene.
L’entusiasmo cresce a Milanello e cresce a San Siro. Si intravede finalmente anche nel web. Merito della squadra e di chi l’ha costruita. Tutti uniti, tutti che pensano e giocano per il compagno. Il piccolo grande capolavoro di Inzaghi. Quegli abbracci in panchina strappano i cuori di noi rossoneri. Due vittorie nelle prime due non si vedevano dall’ancelottiano 2006/07. Sì, è vero che 5 gol presi in due partite non sono una media-scudetto, ma c’è tempo e modo per migliorare. La partita con la Juve non è fondamentale. Può succedere qualunque cosa, ma la rinascita del nostro Milan non si tocca e non si discute. Pippo tiene i fari spentissimi e fa bene. “Con la Juve non abbiamo niente da perdere”: Pippo lo dice ma non lo pensa e sta caricando la squadra a molla. Non contano gli interpreti e questo è un bene perché non si drammatizza per nessun infortunio o defezione. Conta la squadra. Conta la preparazione e Inzaghi sa preparare le partite alla grande. Lo dicevamo a maggio: Pippo non diventerà un grande allenatore, Pippo è già un grande allenatore. Per la Juve sta disponendo trappole speciali.
L’aria è quella giusta. Chi parla dei troppi gol subiti, dell’arbitraggio e della papera di Diego Lopez fa il nostro gioco. Perché troppi elogi sono pericolosi, soprattutto per una squadra “giovane” di testa. Parentesi per il portiere spagnolo: non è un fenomeno ma nemmeno un brocco. Infortunio a parte, è apparso poco a suo agio, ma per un portiere straniero il periodo dell’ambientamento è fondamentale. La storia recente è piena di esempi: da Dida a Julio Cesar. Quindi pazienza. Nel frattempo c’è Abbiati, no problem.
Il caso Honda dovrebbe insegnare. “Comprato solo per le magliette”, “L’ennesimo magheggio di Galliani”, “Giocatore impresentabile”. Sei mesi di ambientamento e preparazione atletica senza il peso di un intervento alla tiroide che gli ha cambiato il metabolismo. Qualche parola in più di italiano e una squadra logica, senza nessuno che lo mette all’ala. E Honda fa 3 gol in 3 partite dimostrando di poter essere molto utile alla causa. Dimenticavo, anche lui a parametro Zero. Zero, come il valore di certe opinioni.