“Voi avete rovinato il calcio!”. Titolava così ieri il Corriere dello Sport con tanto di foto di sei personaggi del pallone nostrano: Adriano Galliani, Claudio Lotito, Massimo Cellino, Antonino Pulvirenti, Maurizio Beretta e Giancarlo Abete. La spiegazione, in poche parole, sta tutta nel sommario in prima che sintetizza le due paginate successive: “Presidenti e vice di Figc e Lega e consiglieri federali: questi uomini hanno portato il pallone nel baratro”.
Per carità, i Mondiali hanno certificato (qualora ce ne fosse stato proprio bisogno) la malattia del nostro calcio, mettendo in luce problemi, alcuni dei quali incancreniti, contraddizioni e paradossi. E quando si prendono schiaffi come quelli presi in Brasile è giusto che chi governa si assuma le proprie responsabilità. Fatto, quest’ultimo, molto poco italiano, ma che per una volta Cesare Prandelli e Giancarlo Abete hanno avuto il buon gusto di smentire. Ora, senza entrare nel merito delle scelte (politiche?) di uno dei tre quotidiani sportivi nazionali, viene da domandarsi il perchè della scelta di mettere sul banco degli imputati solo quattro dei venti dirigenti che hanno governato l’ultima Serie A. Quali sono le responsabilità maggiori di Galliani, Lotito, Cellino e Pulvirenti rispetto ai colleghi? Cos’hanno tramato e architettato per distruggere il calcio italiano? Quali scelte hanno compiuto per agevolare la disfatta azzurra ai Mondiali? Forse non sappiamo. E, nel caso, sarebbe giusto sapere. Per il bene di quello sport che ogni giorno assegna diplomi e lauree di “professori” a chicchessia.
E’ vero che le grandi società per tanti anni hanno tirato le fila nella spartizione dei diritti televisivi. E’ altrettanto vero, però, che nulla è mai partito a livello di Coni, prima, e Figc, in subordine, per incentivare, ad esempio, la riorganizzazione dei vivai. Hai voglia di citare la Germania che dopo il disastroso Europeo del 2004 decise di “nazionalizzare” la Bundesliga. Già, anche perchè due anni dopo non avrebbe potuto sfigurare davanti al proprio pubblico in occasione dei Mondiali… Gli stessi Mondiali che l’Italia affrontò in piena bagarre Calciopoli (se non era quello uno scandalo…) e vinse contro ogni pronostico e aspettativa. Dopo Berlino ci furono retrocessioni, penalizzazioni, sconti, ricorsi, tribunali, ma in molti si scordarono dei veri problemi. Che oggi sussistono come allora: dai diritti tv agli stadi, fino alla gestione della sicurezza degli eventi sportivi. Già, perchè le vittorie insabbiano e cancellano tutte. Le sconfitte riportano tutto il marcio alla luce, dimenticando, ad esempio sulla partita stadi, che negli ultimi tre anni si sono alternati quattro governi alla guida di questo Paese. Nessuno, dalla destra ai tecnici fino alla sinistra di Letta e Renzi, ha avuto il coraggio di prendere in mano la partita una volta per tutte.
E allora di che cosa stiamo parlando? Quale acqua calda abbiamo scoperto dopo Costa Rica e Uruguay? Non è sufficiente osservare i tabellini delle ultime competizioni europee per scoprire che manchiamo una finale dal 2010 con l’Inter di Mourinho? E in tutto questo il capro espiatorio diventa addirittura Adriano Galliani, messo anche lui in prima pagina con tanto di foto più grande rispetto ai “colleghi”. E’ accusato di aver curato gli interessi del Milan, di cui è dirigente da quasi trent’anni. Lo è ora come lo era quando guidava la Lega Calcio e gli veniva chiesto di dimettersi per lo stesso motivo. Il tempo passa, nulla cambia. Il calcio, alla fine, è come la politica. Ognuno fa i propri interessi. E ce ne stupiamo ogni giorno. Come nelle migliori favole italiane.