Christian Pradelli è giornalista professionista e direttore di SpazioMilan.it dalla sua fondazione, l’8 marzo 2011. Collabora con La Gazzetta dello Sport, Il Giornale e Leggo. Conduce il varietà sportivo “Falla Girare” su Radio Reporter ed è opinionista per Milan Channel. È la voce ufficiale del Milan per TopCalcio24, canale del gruppo Mediapason (canale 114 del DTT).
Quando si ragiona sul Milan del futuro e sull’idea di calciatore fatto in casa, oggi come oggi il pensiero non può che andare a Mattia De Sciglio. Rossonero da sempre, giovane, potenzialmente un ottimo elemento, da sempre disciplinato e “ideale” davanti alle telecamere: difficile pensare a una sua parola fuori posto, a una polemica priva di senso o a qualche dichiarazione che potesse in qualche modo screditarlo di fronte all’opinione pubblica. Cesare Prandelli lo sa. E in una Nazionale in cui le teste calde certo non mancano, non ha mai avuto dubbi su DeSci nei magnifici 23, nonostante fosse reduce da una stagione tutt’altro che esaltante agli ordini di Allegri prima e di Seedorf poi.
Già, Clarence Seedorf: ancora una volta è impossibile non parlare di lui e, in questo caso, del rapporto con Mattia. Le telecamere di Milan Channel immortalavano un loro caldissimo abbraccio il giorno dell’arrivo dell’olandese a Milanello. È stato l’unico, probabilmente. A confermarlo più o meno indirettamente è stato proprio il terzino, qualche giorno fa: “Cosa poteva fare di diverso? Magari avrebbe potuto ascoltarci di più per cercare un punto di incontro tra le rispettive esigenze legate al lavoro e alla vita di spogliatoio“.
E ancora: “Non è mancato l’impegno, ma la concentrazione. E’ vero che, soprattuto noi italiani, su alcune cose non ci siamo trovati d’accordo e, nonostante i confronti, le posizioni sono rimaste diverse. Quali erano queste cose? Cose di campo e non solo“. Parole importanti, stilettate di liberazione da parte di chi sa che ad Arcore hanno già scelto il futuro e che questo non contemplerà più Clarence Seedorf. Colpisce, tuttavia, l’autorità e la sicurezza di questo ragazzo di 22 anni. Un atteggiamento che non per forza deve sempre colpire in senso positivo.
Seedorf non è stato il primo e non rimarrà l’ultimo allenatore ad avere, probabilmente, metodi particolari poco condivisibili e poco “italiani”: ricordiamo in passato Fatih Terim, che in effetti “saltò” dopo pochi mesi un po’ per demeriti suoi e un (bel) po’ perché, nel frattempo, si era liberato uno come Carlo Ancelotti. Ma in quel 2001 nessuno, nemmeno tra i senatori, si permise di congedare così seccamente il tecnico turco. Ci pensò la dirigenza, questo è vero, ma dei vari Maldini, Costacurta e Albertini non si registrarono mai parole all’agrodolce. E stiamo parlando di gente che aveva già vinto tutto in carriera, gente che aveva già pienamente dimostrato il proprio valore.
Per questo, senza giustificare necessariamente Seedorf e le sue abitudini “originali”, stupisce come oggi sia così facile, anche nell’ambiente Milan, assistere a giocatori liberi e tranquilli di esternare ogni minimo dissapore, ogni minima tensione che, seppur non riveli alcunché di nuovo, farebbe sempre bene a rimanere tra quelle mura di Carnago. Perché qui, fino a prova contraria, è sempre stato così. Ed è giusto che continui ad esserlo. A Madrid, magari, ci sarà più libertà.
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