Kakà fa 300: “Mai pentito di essere tornato. Ma mi piace l’America…”

Stasera scenderà in campo, dall’inizio o a gara in corso non interessa. Bastano i numeri, che a San Siro, con il Chievo di fronte, si fermeranno a quota 300, come le presenze di Kakà con il Milan. Storia, successi, vita. Semplicemente Ricky. Aspettando di festeggiare questo enorme traguardo il brasiliano ha concesso una significativa intervista, stamane, al Corriere della Sera: “Non mi sono mai pentito di essere tornato qui“.

Sul suo ritorno: “L’accoglienza è stata più calorosa di quello che potessi pensare, ma la stagione non è andata come mi aspettavo. Io però vedo le crisi come possibili momenti di crescita. Ricordiamoci che tutte le grandi squadre hanno avuto i loro problemi. Sono cicli, fanno parte del calcio e della vita. La mia è stata una scelta molto decisa e ne sono felice“. Sul Milan: “Si sente la storia. L’affetto della gente dà l’importanza del Milan. Più gente vuole bene al Milan e meglio si esce da questa situazione. La mia storia nel calcio e in questo club è stata molto più bella di quanto pensassi, ho realizzato tanti sogni. Gol più importante? Quello a Manchester nel 2007 a San Siro. C’è invece il rammarico per non averla messa dentro a La Coruna (2004)“.

Sull’esperienza al Real Madrid: “L’esperienza di Madrid è stata devastante ma comunque fondamentale per la mia vita. Sono stati quattro anni difficili, sono sopravvissuto“. E su Mourinho: “Ho cercato di convincerlo che ero importante per la squadra, ma mi ha sfruttato poco. Io però ho sempre rispettato le sue decisioni e ancora oggi ogni tanto ci sentiamo“.

Su Seedorf: “Non riuscivo a chiamarlo mister, solo Clarence… Non parla molto. Per lui questo è l’inizio e fino a quando non riuscirà a mettere in pratica le sue idee per forza di cose deve spiegarcele. Consigli? Non mi piace prendere l’iniziativa, io non sono fatto così. Credo che Clarence non si aspettasse di trovarsi in una situazione così difficile“. Su qualche singolo: “De Sciglio mi piace moltissimo, ha grande forza mentale. Anche Poli è uno che vale“.

Interessante anche il retroscena con l’Inter: “Nel gennaio del 2002 venne a San Paolo un dirigente del Brescia. Sarei dovuto andare al Brescia e poi all’Inter ma in quel momento il San Paolo non era interessato. C’era il Mondiale in Giappone, fu deciso di prendere tempo“. Sulle polemiche sulla condizione fisica: “Non sono arrivato a Madrid già rotto. Nel 2009 ho giocato la Confederations Cup con il Brasile e sono stato il giocatore migliore. Dopo quattro mesi però mi sono ritrovato con la pubalgia, che per un calciatore è il peggiore dei problemi“.

Attenzione, infine, alle parole sul suo avvenire: “Mi piacerebbe giocare in America. A fine stagione parlerò con Galliani per capire quali sono le sue idee e quelle della società. Ma non per soldi, che ormai non sono la cosa principale. Se devo cambiare comunque andrò negli Stati Uniti. 300 presenze e poi addio? Non ho detto questo…“.

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