Dà un misto di gioia e tristezza, veder giocare Ricardo Kakà. Il brasiliano dai piedi ancora fatati, dal sorriso umile e dal cuore rossonero sembra quasi inadatto a questo Milan e al grigiore di San Siro. Già, inadatto, perché appartenente a un’altra galassia calcistica. Inadatto, perché tante, troppe volte si è trovato a predicare nel deserto, disorientato da un Balotelli sempre meno Balotelli e da un Birsa ancora frastornato dalla deludente uscita contro il Barcellona.
Sembrava a tratti non c’entrare davvero nulla, il 22, in quel Milan-Lazio così povero di contenuti tecnici e denso di tatticismo esasperato e speculazione sull’errore altrui. Ricky è meglio di tutto ciò, Ricky è di un altro livello e ha provato in tutti i modi a prenderselo per mano, questo Diavolo con le ossa rotte. C’era quasi riuscito, a modo suo, al minuto cinquantaquattro, quando con un destro a giro da fuori area aveva trafitto l’incolpevole Marchetti. Di nuovo goal, dopo quattro anni, di nuovo lui, di nuovo sotto la pioggia, come nei nostri ricordi più belli.
Questo gioiello degno del suo miglior repertorio non è bastato: troppe disattenzioni, troppa superficialità nelle ripartenze orchestrate da Petkovic, troppa poca precisione anche in fase offensiva. Il pari firmato Ciani è diventata la conseguenza inevitabile di un secondo tempo troppo molle, troppo impreciso, troppo povero di contenuti tecnici. Tanti, troppi assenti illustri, tanti uomini con la testa lontana dal campo, tanti elementi oggettivamente non da Milan.
Che Kakà sia stato premiato da madre natura con delle doti tecniche molto superiori alla media lo sapevamo ormai da molto tempo. Ciò che però stupisce ulteriormente è il fatto che, oltre ad essere il più forte, sia anche quello con più voglia, più carattere, più entusiasmo, più amore per la maglia. Gli uomini migliori in campo e fuori non si vedono nei periodi in cui tutto gira a meraviglia, quando sono inseriti in meccanismi funzionanti alla perfezione, quando hanno la fortuna di avere al fianco compagni altrettanto forti e capaci. No, i migliori vengono fuori in situazioni come queste, come quella che sta vivendo oggi Ricky al Milan. Quando sanno brillare, stupire e incantare in serate grigie e anonime come quella di ieri sera. Quando potrebbero dire di non aver più nulla da dimostrare, e invece le provano tutte per coinvolgere i compagni e darsi sempre nuovi traguardi. Quando tanti li davano per finiti, e invece riescono a dare molto di più di compagni più giovani, eppure già troppo consapevoli e appagati. Teniamocelo stretto, questo Kakà. Non lasciamolo andare mai più, perché il Milan e il calcio italiano hanno un disperato bisogno di protagonisti come lui. Silenziosi, mai sopra le righe, eppure tremendamente abbaglianti.