La decisione di Allegri, condivisa dal Milan, di escludere Niang dalla lista Champions non è stato un errore, comunque commesso dalla società “distratta” dal regolamento che dava la possibilità di inserirlo senza problemi. Semplicemente non è stato considerato una necessità, si poteva anche farne a meno. L’attaccante francese è diventato una comparsa. E i numeri sono inequivocabili.
In campionato è sceso in campo dall’inizio solo contro il Verona all’esordio (24 agosto), poi solo spezzoni. Un’arma da dosare e di secondo piano, sempre in panchina ma quasi sempre subentrato ad incontro in corso: Napoli, Bologna, Sampdoria e Juventus; 0 minuti con Cagliari e Torino. Segno che M’Baye viene ancora considerato risorsa promettente, ma non così essenziale. In più c’è stato l’infortunio alla spalla che lo ha costretto ai box verso metà settembre e che ne ha complicato la “scalata verso il successo”. Che forse non arriverà mai.
Perché Niang in estate è stato vicino all’addio. Perché Niang a gennaio potrebbe rientrare in qualche scambio di mercato (con Kucka o Astori, per esempio). Perché Niang è cedibile. Parliamo di un giovanissimo di 18 anni che può solo crescere, da solo poco più di un anno al Milan. Ma fino adesso, anche senza Balotelli, non ha trovato uno spazio sufficiente. 154 minuti su 630 di Serie A: questo il cronometro prestazionale del suo 2013/2014, nemmeno il 25% complessivo. Un bottino poverissimo, allarmante. Senza nemmeno l’Europa di mezzo.