Se un appassionato d’arte come Mino Raiola si fosse imbattuto lunedì sera nella festa rossonera per Ricardo Kakà al solito Giannino avrebbe senz’altro accostato la serata ad un’opera del più autentico Surrealismo.
Eh sì, c’erano un po’ tutti gli ingredienti per riportare la mente alle opere di un Magritte o di un Mirò che hanno sempre esercitato la loro vena artistica al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale, un po’ come richiamava il primo Manifesto surrealista di novant’anni fa.
C’era l’amore, quello del Milan (dalla dirigenza ai suoi tifosi più “scatenati”) per il campione brasiliano. Dopo quattro anni i rossoneri hanno riaccolto Kakà come il “figliol prodigo” per il quale i vitelli grassi uccisi si sono tramutati in scoppiettanti filetti e controfiletti alla griglia adagiati sui bianchissimi piatti del ristorante di famiglia di via Vittor Pisani. C’era la realizzazione di un sogno, perché dopo due tentativi andati a vuoto (la scorsa estate e lo scorso gennaio) finalmente Kakà e il Real avevano rotto gli indugi e imboccato la strada del ritorno a Milano. C’era la follia, quella sana nella solita saletta riservata a Galliani e i suoi ospiti, quella più affettata negli altri angoli del ristorante tra belle donne, chiome maschili “sale&pepe” e qualche esagitato in preda alla foga di poter entrare per scattare una fotografia (rigorosamente con tablet o smartphone per non trasgredire le direttive).
Ne vien fuori una serata scalettata lungo il più autentico stereotipo tricolore: da “Amici mai” in loop per sottolineare che “certi amore non finiscono…” ai risotti gialli che piovono sulla tavola di ex giocatori come Gennaro Delvecchio che più o meno consapevolmente si gode la festa in compagnia di amici e amiche, da Barbara D’Urso che si fionda nella saletta rossonera per non mancare all’appuntamento con la foto insieme a Kakà a Lele Mora che spunta all’improvviso, saluta e si infila in un angolo appartato, quasi a dire “presente anche oggi”. Senza contare i tifosi, tra capi ultras e “amici degli amici”, che in mezzo alla sala intonano cori e spingono per infilare la testa e incrociare lo sguardo del campione sudamericano. I camerieri si divertono, rifilano accidentalmente qualche pestone, si fanno strada come equilibristi con piatti fumanti in mano. Tutto scorre, insomma. Come le immagini di Milan Channel sul televisore della sala d’onore, con Galliani ammaliato dalle clip celebrative del “Bambino d’oro”. E chissenefrega se le bollicine dell’amico Zanella restano lì nel bicchiere… C’è da lustrarsi gli occhi più che farsi accarezzare il palato da una cuvèe di Franciacorta. In attesa di rivedere quelle immagini dalla tribuna rossa di San Siro anziché da un megaschermo.