La corsa si interrompe dopo quattro mesi esatti, colpa di Allegri o dell’assenza di un leader vero?

C. Pradelli - Direttore SpazioMilan.it
C. Pradelli – Direttore SpazioMilan.it

Da Roma a Torino sono trascorsi quattro mesi esatti: dal rovinoso 4-2 patito nella Capitale giallorossa prima di Natale allo striminzito 1-0 che distribuisce più meriti al Milan che alla Juventus. Sì, meriti nel campo dell’harakiri, nella capacità di rovinare una preziosa ragnatela tattica che poteva trasformarsi, con un po’ più di attenzione e fortuna, in un pareggio altrettanto prezioso. Uno 0-0 che Massimiliano Allegri aveva preparato più che bene nonostante la presenza dell’ormai corpo estraneo Robinho, di un Boateng pronto ad esplodere e ad appassirsi come i più rapidi dei candelotti, di un Pazzini non al meglio della forma e di un El Shaarawy che a tutti, credo, piacerebbe rivedere in versione bomber.

Nessuno poteva prevedere i due cambi forzati, perlomeno non quello di Christian Abbiati. Ancor meno che nessuno poteva immaginare di assistere al teatrino Abate-Amelia, decisivo ai fini del risultato. Personalmente mi ha ricordato un Dida-Helveg di tanti anni fa, dieci forse, in un Chievo-Milan 3-2. Alla fine di quella stagione, però, vincemmo la Champions a Manchester: quest’anno comincia a farsi dura in maniera impensabile fino a tre giornate fa anche la conquista di un posto per il preliminare di agosto. La Fiorentina è davvero a un soffio e la battaglia si giocherà sugli stessi terreni: incontreremo entrambe Pescara, Siena e Roma. Per gli uomini di Montella un lieve svantaggio è, forse, rappresentato dalle tre trasferte su cinque gare, ma a questo punto poco importa.

Occorre ricompattarsi, ritrovare il miglior Mario Balotelli già da Catania e infilare quindici-punti-quindici, unica strada per avere la certezza della terza piazza. Cammino che deve necessariamente passare dai piedi e dalla testa di Riccardo Montolivo, sul quale spesso spendiamo grandi parole, ma che ancora una volta, in una gara clou, ha mostrato una discreta difficoltà nel guidare la truppa. Stupisce come grandi prestazioni come quella a Verona, tra le più recenti, o la personalità mostrata a Firenze in un clima ostile possano essere spazzate in novanta minuti di nebbia torinese. Quella fascia da capitano, che Ambro potrebbe lasciare a giugno 2013 o 2014, merita un erede degno e consapevole: il Milan l’ha già scelto, resta a lui dimostrare che ne valga davvero la pena.

Twitter: @Chrisbad87

Gestione cookie