Si dice sempre che i cavalli di ritorno raramente possano rappresentare un affare. Per i purosangue, però, ci può sempre stare l’eccezione. E su Ricardo Kakà qualche scommessa si può anche osare. E’ più o meno questo, in sintesi, il ragionamento che sta riecheggiando tra i corridoi di via Turati, col brasiliano già rintanato in albergo in attesa che qualcuno lo chiami per mettere nero su bianco il grande ritorno.
E’ un Kakà diverso da quello che lasciò il Milan per il Real Madrid in quel 9 giugno 2009 da molti tifosi ricordato come un tradimento della società più che del giocatore, già in odore di cessione sei mesi prima, con destinazione Manchester City. Eppure quello che doveva essere un capitolo ancora più glorioso per il campione brasiliano non si è rivelato mai come tale. Colpa dell’arrivo nella stessa estate di Cristiano Ronaldo, in grado di offuscare subito il colpo messo a segno da Florentino Perez che pagò Kakà la bellezza di 67,2 milioni, salvo poi spenderne ancora di più per la stella portoghese.
La prima stagione di Kakà, però, è condizionata dalla pubalgia, pur collezionando 33 presenze ufficiali e 9 reti tra Liga, Coppa del Re e Champions League. Il feeling col Bernabeu, complice il secondo posto alle spalle del Barcellona, non c’è ancora. Poi ad agosto 2010, con Josè Mourinho sulla panchina dei blancos, arriva l’intervento al menisco del ginocchio sinistro con conseguente stop di cinque mesi. Il giocatore torna in campo all’inizio del 2011, ma mette insieme solo venti presenze stagionali condite da 7 gol. Va meglio nell’annata dopo, quella della vittoria della Liga da parte di Mourinho: 40 presenze totali per Kakà con 8 reti. Eppure qualcosa non va. Il tecnico portoghese predilige il gioco di Cristiano Ronaldo e relega spesso il brasiliano a spezzoni o maglie da titolare nelle gare più “semplici”. Tanto che in estate torna la fiamma del Milan, senza quelle scintille necessarie per riportare Ricky a Milano. E così lo scorso settembre ricominciano le presenze in tribuna e arriva pure una multa da parte della società per non avere preso parte alla premiazione in seguito alla vittoria della Supercoppa di Spagna. “Se non sono andato via dal Real è solo perché non ho avuto offerte. Non chiedo di essere titolare ma solo di tornare fra i convocati”, sbotta il fantasista. Proprio lui che è sempre abituato ad essere “il fidanzato che ogni padre vorrebbe per la propria figlia”, come disse Silvio Berlusconi per sottolinearne la pacatezza.
Nella stagione attuale Kakà ha messo in fila appena 12 presenze totali (Liga, Coppa del Re e Champions) con 2 reti. L’unica soddisfazione è stato il ritorno in Nazionale. Dopo due anni di assenza il ct della Selecao, Mano Menezes, l’11 ottobre lo chiama per l’amichevole contro l’Iran, vinta 6-0 dal Brasile con un gol proprio di Ricky. Forse conviene ripartire da qui per comprendere lo stato d’animo di Kakà, smanioso di riprendersi tutto in vista dei Mondiali in casa del 2014. L’ambiente milanista può aiutarlo a ritrovare affetto, forza e fiducia nei propri mezzi. Fisicamente pare che stia bene. E con Allegri il feeling non sarà più difficile da trovare rispetto al burbero Mou.
La formula con cui tornerebbe a Milano sarebbe quella del prestito gratuito, ma qui, come la scorsa estate, ci sono da superare le resistenze del Real, che non vuol rischiare di perdere troppi soldi. Ma sul bilancio c’è il peso dell’ingaggio pari a circa 12 milioni a stagione. Bisognerà vedere quale piatto peserà di più. I blancos proveranno ad insistere fino all’ultimo per una cessione che possa portare soldi freschi in cassa. O, in subordine, una garanzia del Milan sul riscatto a giugno.