Nel corso di una lunga intervista a 7, settimanale del Corriere della Sera, Stefano Pioli ha svelato diversi retroscena del suo Milan: il suo arrivo a Milanello nel 2019, il primo incontro con i giocatori, il rapporto con l’ambiente rossonero e la vittoria dello Scudetto nella scorsa stagione sono solo alcuni dei temi affrontati dal tecnico di Parma.
A proposito dei suoi primi giorni da allenatore del Milan:
“Dopo i saluti all’ingresso sono andato sul campo e ho trovato, a destra, tra gli alberi, la statua di Rocco. Mi ha fatto pensare: “Porca miseria dove sono arrivato”. Mi sono subito sentito a mio agio. Non so se ben accolto, ma stavo bene. I primi giocatori che ho incontrato sono stati Calabria e Romagnoli, ma non ne sono sicurissimo. Ricordo, invece, il primo discorso. Ho detto che se tutti noi siamo qui è perché abbiamo qualità, tutto dipende da come vogliamo lavorare. Se ci mettiamo passione, professionalità e sacrificio le cose andranno per forza bene”.
Sulla propria evoluzione nelle vesti di tecnico nel corso degli anni:
“Le mie priorità sono sempre le stesse: motivare i giocatori, metterli bene in campo e dargli idee. Prima, però, ero più schematico, mi affidavo alla tattica. Ora so che non vinci per il sistema di gioco, 433 o 4231, ma per l’insieme di talento, passione, sudore, sacrificio, voglia di lottare per obiettivi chiari. Carattere e, soprattutto, intelligenza“.
Riguardo l’evidente crescita dei propri giocatori:
“Per molti, che ho iniziato ad allenare che avevano 19 o 20 anni, crescere è stato naturale. Io ho fatto il mio, ma il merito è diffuso: dirigenza, staff e ambiente. L’ambiente che c’è qui e che abbiamo creato. Io non vedo l’ora di svegliarmi la mattina per venire a Milanello, si sta bene, sono felice. Credo sia così anche per loro. Ad esempio: noi abbiamo la colazione obbligatoria e il pranzo, che però è senza orario. Ognuno ha esigenze diverse: ghiaccio, massaggi o altro, inizia quando può. Ma poi restano tutti fino a tardi, e per non andare lunghi in cucina abbiamo messo un limite orario. Significa che stanno bene e sono felici di stare assieme. Io ho vissuto in squadre dove i giocatori non vedevano l’ora di andare via, stavano lì giusto il tempo limitato per fare allenamento”.
Sui ricordi che gli sono rimasti più impressi dopo la vittoria dello Scudetto:
“È stato bello con mio figlio in pullman, al ritorno da Sassuolo, Zlatan ha preso il microfono e faceva un commento su ognuno. Poi sul pullman scoperto a Milano… ma ora che ci penso direi sulla terrazza a Milano, di notte, c’erano ancora i milanisti che festeggiavano e io e mio figlio ci siamo fumati un sigaro cubano. Lo dico sempre a Barbara, mia moglie, un giorno andiamo a Cuba…”
Ruggero Gambino
This post was last modified on 5 Gennaio 2023 - 00:17