In vista del “derby della Madonnina” di domani sera, Rafael Leao ha rilasciato una corposa intervista a la Repubblica. Tra la sua vita, il suo contesto culturale e il suo stile (calcistico e non solo), ovviamente si è soffermato a parlare del Milan. Di seguito le sue dichiarazioni.
DERBY – “Ricordo l’atmosfera unica del primo che ho giocato, peccato per la sconfitta, e quello vinto col mio assist a Ibra, peccato che non ci fosse il pubblico. Ora vogliamo vincere davanti ai tifosi. […] È presto per dire se valga lo scudetto: l’ultimo se lo è preso l’Inter, va rispettata. Ma un derby è un derby, vincerlo è importante“.
SOGNO CHAMPIONS – “Lo era, fin da piccolo, e l’ho realizzato col Milan, la squadra delle 7 Coppe dei Campioni e di Kakà, Seedorf e Pirlo, che ammiravo, come Barcellona e United. Sono felice. […] Mancano 2 partite, 2 finali. Un punto in classifica è poco, meritavamo di più“.
IBRAHIMOVIC – “La fiducia in noi stessi, la mentalità sono fondamentali per il successo, che uno sia calciatore o cantante. Zlatan è un fratello maggiore, gli sto sempre vicino. Lui sa che posso fare la differenza con i piedi, ma mi mostra che l’importante è la testa, restare sempre concentrato“.
PUNTI DI RIFERIMENTO – “Pioli, un allenatore esigente. Maldini, un idolo che parla con semplicità perché ognuno di noi dia il meglio. E Ibra, un esempio per il passato e per il presente: l’età per lui è un numero“.
MILAN – “Ha il senso di libertà che l’allenatore ci insegna: siete giovani ma maturi in campo, ci dice, godetevi la gioventù ma onorate questa maglia“.
DRIBBLING – “È una fase importante del gioco. Sento la fiducia dei compagni che mi danno la palla, dribblo per ritrovarmi davanti alla porta e fare l’assist o il gol“.
SERIE A – “La prima stagione venivo dalla Francia, il calcio italiano era un po’ difensivo. Ma ora la Serie A, con tanti giovani di valore è al livello della Premier o quasi“.
ISTINTO – “A volte la mia testa non so che cosa fa: magari davanti alla porta sbaglio gol facili o magari ne dribblo due o tre e segno come in strada, mi viene naturale“.
PREDESTINATO – “Dio mi ha regalato il talento, la cosa più rara. Ma poi ci sono i sacrifici, il lavoro duro. A calcio non si gioca da soli. Ho un talento da coltivare“.
RUOLO PREFERITO – “A sinistra posso puntare l’avversario, c’è più spazio. Da centravanti devi tenere palla, da solo è più difficile. Nel 4-4-2, con un’altra punta, ti muovi di più. Ma davvero gioco dove serve“.