Il decreto illude i club: una crescita mai iniziata

Quello che sembrava potesse essere un tocca sana per il calcio italiano, potrebbe concretamente materializzarsi sotto forma di boomerang. L’oggetto di discussione è il famigerato Decreto Crescita.

Quest’oggi, nelle pagine del Corriere dello Sport, c’è un’attenta analisi sugli effetti economico finanziari del Decreto Crescita sul calcio italiano. Dal 2019 ad oggi, i benefici sperati in termini di abbassamento degli ingaggi è illusione. Si sperava in un sensibile miglioramento della situazione economica ma la realtà è sotto gli occhi di tutti.

Questo Decreto, nato ad aprile 2019 per permettere di far entrare in Italia talenti, fu esteso al mondo del calcio e dello sport per poter permettere alle società di acquistare un calciatore con un minor costo nei bilanci aziendali.

Gabriele Gravina, Presidente FIGC

La natura concorrenziale del mondo del calcio (vince solo una squadra) fa sì che sono pochi i club che possono vantare posizioni che permettono loro un vantaggio economico. Gli altri, pur usufruendo del decreto, restano comunque in un preoccupante limbo finanziario proprio perché l’obiettivo primario resta sempre l’ambizione sportiva.

Altra controindicazione del Decreto è l’ormai costante tendenza delle società italiane ad acquistare all’estero. Questo comporta la perdita di valore dei calciatori di casa nostra e di tutto il movimento calcistico italiano.

Ma a questo va aggiunto la conseguente salute finanziaria del club nel tempo. Secondo l’analisi del Corriere dello Sport, difronte ad un crollo dei cartellini dei calciatori, il club perderebbe la capacità di generare utili dal player trading (operazioni legate all’acquisto e alla cessione di calciatori, che producono plusvalenze e/o minusvalenze, ricavi e/o costi per prestiti oltre ad altri ricavi e oneri accessori).

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