Un anno di fatica, mesi e mesi a dire: “Questo gruppo è più unito che mai”, cori, canti, tanta gioia e infine il raggiungimento della tanto agognata Champions League. Eppure, ciò che sta accadendo nelle ultime settimane dopo quella trionfale gara di Bergamo è tragicomico. Due degli uomini simbolo di questa cavalcata non rinnovano il contratto e vanno via così, a cuor leggero, come se la squadra in cui sono cresciuti, valorizzati, osannati (addirittura uno è arrivato ad essere capitano), li abbia trattati come dei mediocri qualunque.
La vicenda Donnarumma-Calhanoglu è qualcosa di mai visto prima. E se replicare i livelli di ingratitudine del portiere classe ’99 sembrava oggettivamente un’impresa ardua, il turco è riuscito addirittura a fare peggio: pronto alla firma con l’Inter per una manciata di dollari in più. Ma come può nascere una situazione simile?
Donnarumma ha deciso di non firmare un contratto da 8 milioni di euro, Raiola chiedeva commissioni esagerate e il Milan, forse, doveva muoversi almeno un anno e mezzo fa. Il portiere, grande tifoso rossonero, che sognava di giocare la Champions League con la propria squadra del cuore, non rinnova. Va via a parametro zero in un club che gli offre il doppio di quanto percepiva a Milano e, nonostante il PSG abbia vinto quanto il Milan in Europa negli ultimi dieci anni, è decisamente un progetto ambizioso che prima o poi porterà a vincere anche nel vecchio continente. Donnarumma ingrato sì, ma comunque piuttosto furbo nella scelta del proprio futuro. E chissà che il buon Leonardo, non avesse già programmato tutto due stagioni fa, quando salutò il Milan in maniera non proprio idilliaca.
Ma se nella scelta scellerata del portiere cresciuto e valorizzato nel vivaio rossonero, troviamo un minimo di giustificazione (piuttosto forzata), in quella di Calhanoglu francamente no. Il Milan lo aspetta per tre anni di pochi alti e tanti bassi. Al quarto anno finalmente diventa un leader in un contesto a lui favorevole in cui ha la stima incondizionata dell’allenatore, che lo difende a spada tratta anche nelle partite opache; La società gli offre, nonostante un solo anno buono su quattro, 4 mln di euro a stagione per cinque anni. Rifiuta il contratto. Cambio di casacca dunque, dove? PSG o un altro top club europeo a guadagnare il doppio o comunque per aver maggiori possibilità di vincere in patria e in Europa? No, all’Inter per un pugno di dollari in più. 5 milioni di euro per tre anni, questa è l’offerta che ha convinto Calhanoglu a sposare la causa nerazzurra. Uno smacco inspiegabile, meschino e ottuso a pensarci. Perché nonostante la vittoria del campionato, l’Inter in questo momento non ha un progetto tanto superiore a quello del Milan. Ma al netto di questo, che può essere tranquillamente oggetto di discussione e non è la verità assoluta, per quale motivo scegliere la rivale della squadra, in cui tu stesso sei un uomo chiave, ad occhi chiusi, a cuor leggero, come se non contasse il blasone e il peso della maglia che ti ha consacrato fino ad ora. Non c’è alcuna spiegazione plausibile.
Qualcuno potrà dire: “Sono professionisti, le bandiere non ci sono più“. Verissimo. Ma nessuno parla infatti di diventare bandiere. Il professionista sceglie un progetto per avere più soldi e più ambizioni, però parla chiaro con la società attuale senza creare teatrini mediatici che portano solo malumore allo spogliatoio e a tutto l’ambiente. Signori questo non si chiama essere professionisti, onestamente si fa fatica a trovare una definizione. I baci sulle maglie, chi ci crede più, le dichiarazioni d’amore, parole che si porta via il vento. Che il denaro si fosse comprato il calcio ormai è risaputo da circa vent’anni. Sono semplicemente cambiati i giocatori: non più uomini, non più professionisti, ma solo vili attori affamati di verdoni, all’interno di una grande commedia tragicomica che non conserva più nemmeno un briciolo di dignità.
This post was last modified on 21 Giugno 2021 - 21:31