Intervenuto nel corso del format “AC Milan Talk” sul canale Twitch del Milan, l’ex attaccante Hernan Crespo ha affrontato vari temi legati alla sua esperienza in rossonero e alla squadra di oggi. Ecco le sue parole:
Sul Milan: “Il sogno di qualsiasi calciatore è quello di giocare in una grande squadra, il Milan è una di quelle. Quando indossi una maglia di questo peso devi essere all’altezza, ti devi preparare. A me è andata bene”.
Sui suoi allenatori: “È impossibile non parlare di Carlo Ancelotti. Ho avuto la fortuna di trovare Ancelotti come allenatore del Parma, mi ha impostato in un certo modo. Poi già maturo mi ha ripreso al Milan, io ho provato a ripagarlo”.
Sul non essere stato riscattato: “Questo è il calcio. La dirigenza ha fatto grande il Milan per 26, hanno avuto l’accortezza di dire che si sono sbagliati. A me è dispiaciuto tantissimo, sognavo la maglia del Milan vedendo Van Basten. Non avere la rivincita dopo Istanbul è stato difficile. Ma ora col mio percorso da allenatore mai dire mai, magari mi tolgo qualche soddisfazione”.
Su Milanello: “Capisci perché il Milan per 25 anni è stato il Milan. Quando da piccoli si giocava e si affrontava una squadra che giocava bene si diceva “sembra il Milan”. Arrivato a Milanello vedevi Baresi e Gullit nei corridoi, ti viene un senso di responsabilità. Giocare nel Milan è stato qualcosa di grandioso. Quando sono arrivato qui a San Paolo mi hanno fatto la sorpresa con Kaká. Serginho e Dida mi hanno mandato un messaggio. Al Milan era una bella famiglia, un legame che rimane. È bello che oggi ci sia Paolo Maldini come dirigente, mi fa un enorme piacere”.
Su Ibrahimovic: “Se l’avessi scoperto mica facevo l’allenatore (ride, ndr). Il mestiere più bello è fare il calciatore, ora ho mille pensieri. Quando sono arrivato al Milan a luglio mi dovevo presentare per le visite mediche, venivo dal Chelsea. Mi presento due giorni prima del raduno, ma trovo già Milanello pieno. Da una settimana erano lì, faceva il pre ritiro. Quando si vincono tante cose dietro c’è la cultura del lavoro. Un senso di responsabilità, di identità che ti mettevano un’asticella altissima. C’era competizione in tutto. Non è un caso che quella squadra ha fatto la storia”.
Su Istanbul e Atene: “È stata una serata difficile da digerire, resterà sempre così. Tornando ai discorsi fatti prima due anni dopo io non c’ero, ma ricordo che guardando la televisione mi sembrava un incubo quello successo due anni prima. Mi ha fatto piacere che quei ragazzi abbiano vinto ancora. Subito dopo la partita ho ricevuto messaggi di ragazzi e addetti al lavoro che mi hanno detto “Questa è anche tua”. Pensate quanto era profondo il sentimento che ci legava. Nonostante fossi all’Inter ero ancora coinvolto in quella storia. Lì non c’erano maglie, ma uomini che lottano. Un gesto che non potrò mai dimenticare, un regalo non al me giocatore ma al me uomo”.
Su Milanello: “Ci venivano a vedere le mogli con i figli. Finiti gli allenamenti rimanevamo a mangiare tutti insieme a Milanello, pensate che ambiente c’era”.
Sulla partita di domani contro il Manchester United: “Mi è piaciuto molto il Milan a Verona, giocare e vincere nel modo in cui ha vinto con tutti gli assenti non è semplice. Pioli ha tenuto il gruppo compatto e unito, ha tenuto alto il livello. Non è semplice. Andare all’Old Trafford è molto complicato, se il gruppo è maturo per sostenere un avversario del genere potrà esserci un salto di qualità. Senza Theo, che è il miglior terzino sinistro al mondo, senza Calhanoglu, senza Rebic, non sarà facile. Ma il Milan in Europa è di casa”.
Sui possibili traguardi di fine stagione: “Lo sapranno Pioli e Maldini. Bisogna vedere se i giocatori hanno il fuoco negli occhi, se sono in grado di convivere con le pressioni di giocare per grandi traguardi. Io desidero il meglio per loro, vorrei tornare a vedere il Milan in alto, a lottare ed essere lì. Non mi piaceva vedere il Milan sesto o settimo, il Milan è troppo grande per arrivare sesto o settimo, lo devono sapere tutti. Poi dopo si può arrivare secondi o terzi, ma non sesti o settimi. Credo che Paolo abbia già detto la sua, il fatto che ci sia lui in società tranquillizza”.