Il dirigente del Milan ed ex bandiera storica del club, Paolo Maldini, si è raccontato in una lunga intervista ai microfoni di DAZN, dove ha discusso di svariati argomenti. Questo un estratto delle sue parole segnalato dalla nostra redazione:
Sul nuovo ruolo: “È stata una cosa improvvisa: ero a Miami e mi ha chiamato Leonardo: «Devi essere qua tra 10 giorni, dobbiamo partire insieme, ti voglio con me». È stato facile dire di sì. Nel recente passato c’è stata la possibilità di entrare nell’altro gruppo con Fassone e Mirabelli, ma non ci siamo trovati d’accordo su determinate cose. C’era anche la possibilità di entrare con Barbara. La mia scelta, oltre ad un interessamento del PSG sempre attraverso Leonardo, è sempre stata legata ai colori rossoneri“.
Sulla scelta di un giocatore: “Nessuno ha la possibilità di vedere tutte le partite. Devi avere all’interno del club uno scout che lavori nella tua direzione. Tra te e il reparto scout devi iniziare a conoscere chi vuoi, come vuoi i tuoi giocatori, e loro magari ti dicono cosa ha funzionato gli ultimi cinque anni rispetto ai cinque anni precedenti. In tutto questo c’è una rivoluzione del calcio. Parliamo della difesa: un difensore per me è facile da leggere. Prima avrei chiesto un difensore che stava bene in un reparto, ora andrei a prendere un difensore forte nell’uno contro uno e poi gli insegno a stare bene nel reparto”.
Sul ruolo dell’allenatore sul mercato: “L’allenatore ha un ruolo importante. Ha un’idea di gioco. L’allenatore vede la squadra che ha e vede anche quelle che sono le necessità. Quello che chiediamo all’allenatore è darci dei profili. Credo che i nomi li debba scegliere il club e che debba incidente sotto tutti i punti di vista, sia da quello economico sia dall’età del giocatore stesso, e anche da una visione che va all’aldilà di quella che poteva essere l’anno dopo”.
Su Pioli: “È bravo nel trasmettere i suoi pensieri. Lo fa con un vigore che non ti aspetti. Vedendo la sua carriera magari non sempre ha confermato quello che ha fatto vedere all’inizio. A volte dobbiamo fermarlo noi. È una caratteristica che non gli riconoscevo”.
Sull’acquisto di Ibra: “Ibra è un’idea del gennaio precedente, ne parlavamo con Leonardo. Avevamo parlato con lui, con Raiola e lui però aveva dato la parole ai Galaxy, che se avesse raggiunto un certo risultato sportivo ed economico sarebbe rimasto. Una volta raggiunto quel risultato ha detto: “Mi dispiace, ne riparliamo”. Secondo noi era l’uomo giusto per fare quel mix tra gioventù e esperienza. Lui e Kjaer hanno dato dei risultati incredibili. Abbiamo sempre avuto dei punti di riferimento e in quel momento lì non c’erano tanti punti. Magari c’era qualcuno ma giocava poco, e giocando poco magari diventava meno importante rispetto ad uno con il carattere straordinario di Ibra. Una volta preso è normale che la coda sia condivisa. Non possiamo permetterci di firmare giocatori che non sono visti e approvati dalla proprietà. Però è stato un rischio sicurissimo. Veniva da 2 anni di MLS, ed è una cosa completamente diversa. Lui stesso, quando abbiamo proposto 18 mesi di contratto, ci ha detto: “Facciamo sei mesi perché non so cosa posso darvi”.
Sull’apporto di Ibra: “Zlatan rompe le scatole in una maniera impressionante. Il nostro era già un gruppo competitivo, ma forse i ragazzi venivano un po’ frenati dalle responsabilità. Ibra è arrivato e si è preso tutte le responsabilità“.
Sui giovani del Milan: “Difficile trovare uno che mi abbia deluso. Duarte è stato sfortunato, ha avuto tanti infortuni. Il talento di Leao è sotto gli occhi di tutti, può arrivare a livelli incredibili. Saelemaekers è stato frutto del nostro scouting, non conoscevo Alexis. Noi cercavamo un terzino destro in quel momento lì, o uno che in previsione un giorno potesse giocarci. Abbiamo visto questo ragazzo che giocava a destra, a sinistra, come terzino, da numero dieci, con un’intensità tale che dopo che gli dai la palla lui c’è. Bennacer ha grande personalità“.
Sulla sua visione del Milan: “Il disegno cambia strada facendo, io sono legato ad un Milan vincente, la mia figura è legata a qualcosa che non sia soltanto rivolto a mettere a posto i conti. Devo salvaguardare anche quello che la mia storia si porta dietro, quello che i tifosi si aspettano da me. E’ lì che spingo la proprietà a fare determinate cose invece che altre. I risultati hanno dato ragione a loro per tante cose e a noi per tante altre, in questo momento c’è un’idea unica e questo aiuta quello che è il progetto. Il Milan che non va in Champions da così tanti anni non si può sentire. Abbiamo intrapreso un percorso che ci deve portare stabilmente in Champions League, è una competizione che ti dà introiti importanti. Il Fair Play Finanziario non ti permette di investire quello che tu vorresti, è anche un freno alla distribuzione futura delle vittorie nelle varie competizioni, però io credo che sia la strada giusta. Siamo partiti con un’idea di un progetto che potrà un giorno diventare autosostenibile, in un momento di grande crisi questo ha ancora più valore“.
Sul lavorare con il figlio: “Avere il papà tra le scatole non è piacevole, lo so bene anche io (sorride, ndr). So bene che il momento più brutto è quando torni da una partita in macchina con tuo papà e ti dice cosa dovevi fare. Anche mio figlio me l’ha detto più volte. La sua fortuna è che gioca in un altro ruolo rispetto al mio. Per Christian, che fa il difensore, è stata ancora peggio“.