Ricardo Kakà, ex stella del Milan di Ancelotti, ha ricordato la vittoria del diavolo in Champions League nel 2007 intervistato dal Milan. Queste le sue dichiarazioni:
Sulle semifinali contro il Manchester United: “Furono due partite spettacolari. A Manchester la ribaltammo con una mia doppietta, il secondo gol lo considero uno dei più belli della mia carriera. Rooney segnò il 3-2 e vinsero loro. Dovevamo vincere il ritorno in casa. Li mettemmo subito sotto pressione. Segnai subito il primo gol, poi Seedorf e Gilardino. Molti la considerano la partita perfetta, in effetti è una delle partite più belle della storia del Milan”.
Su Atene: “Era un segno Divino, non era una coincidenza. Non mi piace definirla una vendetta, è troppo. Era qualcosa di meraviglioso, di magico. La squadra era diversa, non c’era Shevchenko né Crespo. Ma l’ossatura era la stessa. C’erano quasi gli stessi giocatori, ma questa era una finale diversa. C’era la paura che potessero batterci di nuovo, ma fu meraviglioso. Una partita passata alla storia”.
Sul primo gol: “Pippo inizia a correre senza guardare la palla. Lui sperava in una respinta del portiere. Pirlo batte e lui sta già correndo per prendere la respinta. All’intervallo non ricordo le parole di Ancelotti, ma c’erano indicazioni tattiche. Ci disse “Mancano solo 45 minuti”, quello ci aiutò mentalmente. Eravamo ben messi in campo. Nel secondo gol si può vedere che in attacco c’eravamo solo io e Pippo. Io conosco perfettamente i suoi movimenti. Sapevo già cosa avrebbe fatto. Mi sono preparato per darglielo, fu tutto così preciso. Si allargò per avere più spazio per calciare, è una questione di dettagli”.
Su Inzaghi: “L’intesa con Inzaghi era incredibile. Ma ho avuto grande intesa con tutti gli attaccanti con cui ho giocato. Con Pippo era dovuto a tutto il tempo passato a giocare insieme. Lui era un grande attaccante, spesso imprevedibile. Quello non ti faceva mai capire come calciava”.
Sul gol di Kuyt: “Fu una sensazione terribile. I fantasmi del 2005 tornarono, fu una guerra di nervi. Quella sensazione di “Oh no, di nuovo” mi condizionava. Il morale era basso. Ci pensai subito appena segnarono. Abbiamo stretto i denti. Quella partita è stata una guerra di nervi. Dovevamo tenere duro e alla fine abbiamo festeggiato”.
Sui festeggiamenti: “Tutti avevamo emozioni diverse. Per me era la prima Champions. Pensavi “Finalmente ho conquistato l’Europa”. Ho realizzato un sogno. Per Paolo era la quinta, e i suoi festeggiamenti erano diversi rispetto a chi la vinceva per la prima volta. Fu bellissimo, era la chiusura del cerchio perfetta della nostra squadra: abbiamo fatto la storia ed è stato bellissimo”.
Capocannoniere: “Dire “Io sono stato Campione d’Europa” è molto bello. La vinsi da capocannoniere, anche se il gol non era un mio compito. Sono molto orgoglioso. Non me lo sarei mai aspettato”.