Intervistato dal giornalista Mauro Suma, l’ex attaccante del Milan Alessandro Matri ha ripercorso la sua carriera in rossonero, dalla primavera all‘addio nel 2013.
“È un argomento un po’ delicato il Milan, è croce e delizia. Il Milan è la mia mamma calcistica. Mi ha cresciuto, mi ha insegnato come stare in questo mondo e quindi io al Milan sono solo grato. Quest’anno per il 120esimo del club ho fatto un post dicendo che il mio più grande dispiacere è non aver ripagato la fiducia riposta in me, l’aver mancato quell’appuntamento è il mio più grande rammarico. Il 24 maggio 2003 faccio l’esordio a Piacenza, misero in campo una decina di ragazzi della primavera. Esordire nel Milan a Piacenza, con i miei parenti vicini, fu bellissimo. Sandro Nesta dopo la rifinitura mi chiese se me la stessi facendo sotto (ride, ndr). C’era grande attesa e anche tanta paura. Avevo il pensiero di dover far gol per forza, non ho neanche tirato in porta (ride, ndr). La sera prima credo di aver dormito poco per l’ansia. All’inizio ero un po’ più piccolino degli altri e giocavo poco, ma al Milan ogni anno rientravo sempre nella selezione dei confermati. Il Milan ha sempre creduto in me.
Sull’ultimo anno nelle giovanili: “L’ultimo anno in Primavera è stato fondamentale, se fai bene in quell’anno lì ti permette di entrare nei campionati professionistici. Nella partita contro l’Atalanta c’era anche il direttore Braida, feci due gol e decise di farmi il primo contratto da professionista. Mi chiamò il lunedì per dirmi che credevano in me. Quando ero in prestito mi chiamava sempre per sapere come stavo e come giocavo“.
La cessione: “Nel 2008 il Milan era all’apice, non c’era la cultura del giovane. Per vincere c’è bisogno dei fenomeni e quindi per arrivare a questi giocatori (Ronaldinho) la società ha fatto le sue valutazioni. E penso che non abbia sbagliato perché poi ha vinto”.
Il ritorno al Milan nel 2013: “Marotta e Paratici mi avvisarono della possibilità di farmi partire. C’era il Napoli ma anche il Milan. Dissi alla società che sarei andato via solo per il Milan, anche in prestito. Il Milan passò il preliminare di Champions, andò via Boateng e così presero me. Andare al Milan con Allegri per me era l’ideale“
Cos’è successo quell’anno? “Io sono arrivato con la curva che aveva appeso uno striscione contro di me. Mi sono auto caricato di responsabilità e non ho sopportato la pressione. La colpa è solo mia, sono arrivato con tante aspettative e la voglia di dimostrare. Sono uno abbastanza sensibile e le soffro queste cose, sentirmi male a casa mia è stata una pugnalata. Il crocevia fu un Bologna Milan 3-3 in cui sbagliai un sacco di gol, lì persi tutta la fiducia. Il sogno mio e di Astori era sempre quello di tornare al Milan. Alla nostra epoca Milanello era come Hollywood, era il calcio che sognavi. La gente di Milanellio che ti coccola, i magazzinieri che non ti facevano mancare nulla, c’erano Maldini, Sheva… Tornare è il sogno di tutti i ragazzi cresciuti nel Milan. Alle prime difficoltà non riuscii a reagire, la colpa è soprattutto mia. L’ambiente di certo aiuta e il Milan a quel tempo aveva qualche difficoltà, però la colpa me la prendo io. Se un giocatore non riesce a reagire è un punto a suo sfavore. Alla Juventus invece l’ambiente, i tifosi, la società mi hanno fatto sentire a casa“.
Il prestito alla Fiorentina: “Quando sono andato via a gennaio ho pianto come non ho mai pianto in vita mia. Dissi a Galliani che dovevo andare via perché non stavo bene, non la vivevo bene. Ero diventato negativo in tutto. Galliani fu di una sensibilità fuori dal comune e mi disse che voleva il mio bene e che avrebbe cercato di accontentarmi. Fui una spesa importante per la società ma mi accontentarono. Poi con Sinisa fui subito chiaro, lui mi disse che voleva che rimanessi con loro. Invece eravamo ancora troppi in attacco col ritorno di Balotelli e quindi andai via. Ma con Mario non ho nessun problema, siamo amici e ne abbiamo anche parlato“.
Sulla sua carriera: “Non ho niente da recriminare, ci sono alti e bassi e purtroppo i bassi sono arrivati al Milan. Quando si è tifosi ci si sente sempre in dovere di dare qualcosa in più ma spesso non ce la fai“.
This post was last modified on 30 Aprile 2020 - 22:33