Attenzione, ci troviamo sempre nella sfera delle supposizioni e delle deduzioni. Quello che però sembra sempre più concreto è il ritorno di Zlatan Ibrahimovic al Milan. Dichiarazioni neanche troppo vaghe quelle del già una volta attaccante rossonero: «Andrò in una squadra italiana che deve vincere di nuovo, che deve rinnovare la propria storia, che è in cerca di una sfida contro tutti». Insomma, a meno che non si tratti del solito colpo gobbo dello svedese, o che ritenga Bologna e Napoli club blasonati al pari di quello di via Aldo Rossi, tutti gli indizi lo portano a Milanello.
Questa suggestione, che pian piano si sta trasformando in realtà, porta inevitabilmente ad una riflessione: sono stati più bravi Boban e Maldini rispetto a Leonardo e Gattuso – l’anno passato – a convincere Gazidis ed Elliott? Tutti sapranno cosa successe lo scorso gennaio, quando l’AD sudafricano mise il veto sulla trattativa ormai già impacchettata dall’ex DT brasiliano e che avrebbe riportato Ibra alla corte di Rino. Questa volta invece pare che Gazidis non stia riuscendo ad imporre la sua “politica dei giovani” e che in particolare Zorro la stia spuntando per regalare a Pioli un giocatore dotato di carisma, personalità ed esperienza.
Perché quest’anno e non l’anno scorso? Tre possono essere le ipotesi. La prima: Boban e Maldini hanno imposto un “aut-aut”, minacciando la proprietà statunitense di un’eventuale loro dipartita in caso di diniego dell’operazione-Ibra. Difficile da pensare, soprattutto considerando quanta fatica ha dovuto spendere – e quante teste ha dovuto aspettare che saltassero – il Paolino prima di ritrovarsi finalmente in quella posizione di rilievo all’interno del suo Milan. La seconda ipotesi potrebbe essere quella che gli stessi Elliott e Gazidis si siano resi conto dell’impraticabilità di questo cosiddetto “modello Atalanta”, soprattutto in una piazza dove le pressioni e le aspettative sono un po’ diverse rispetto a quelle di Bergamo. Con tutto il riguardo per Bergamo e gli atalantini.
Ma allo stesso modo stride la scelta di accettare un contratto di circa 10 milioni – che poi magari saranno 8 – per avere in rosa un trentottenne, a maggior ragione in una stagione dove l’obiettivo Champions è divenuto ormai più che un’utopia. Più probabile – ma anche più ottimistico e godurioso – immaginare (o sognare, appunto) un accordo già abbozzato tra Singer e Arnault, come si vocifera già da settimane. Il patron del gruppo LVMH-Vuitton ha già fiutato il nuovo triangolo commerciale e finanziario del post-Brexit, il quale comprenderebbe oltre a Parigi e Francoforte anche Milano. Un club blasonato con uno stadio di proprietà pronto da costruire nella metropoli meneghina potrebbe rappresentare dunque l’investimento giusto per rafforzare il business in questa area.
Si è parlato di Guardiola e Messi come primi obiettivi. Favole per il momento, che rimarranno tali probabilmente. Ma conoscendo il signor Arnault – che tra le altre cose ha recentemente acquisito il brand Tiffany per una cifra vicina ai 16 miliardi di euro – l’interesse per un investimento importante e di facciata potrebbe essere qualcosa di più di una suggestione da copertina di giornale. E questo qualcosa potrebbe partire proprio dal dispendioso acquisto di Zlatan Ibrahimovic…
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