C’è chi giura e spergiura di aver visto coi propri occhi la due diligence redatta per conto del gruppo LVMH. Qualcun altro dice di aver visto Bernard Arnault, uno degli uomini più ricchi del pianeta, aggirarsi a Milano insieme a Ivan Gazidis e rappresentanti di Elliott. Altri ancora immaginano un Milan targato Louis Vuitton. I sognatori disegnano una squadra con Messi al centro dell’attacco e Guardiola in panchina. Insomma, a Natale è lecito chiudere gli occhi e volare con la fantasia. Nel rispetto delle fonti altrui (in questo caso è il quotidiano La Repubblica a insistere da mesi), la possibile acquisizione del Milan da parte dei francesi di LVMH, il più grande gruppo mondiale del lusso, alimenta qualche lecito dubbio.
Il primo interrogativo è molto semplice: perché un gruppo francese, proprietario di grandi marchi della moda come Vuitton, Dior, Kenzo, Givenchy, Bulgari, Tiffany, dovrebbe investire oggi oltre 900 milioni di euro per acquistare un club italiano che versa in condizioni quasi drammatiche? Quali sono le ragioni sentimentali ed economiche che vorrebbero uno degli uomini più ricchi della Terra, Bernard Arnault, alla guida della società rossonera? Perché un uomo così potente in Francia punterebbe alla Serie A e non alla Ligue 1? Perché LVMH vorrebbe guidare una società che accumula debiti e che è lontana anni luce da una ripresa concreta del fatturato? Quando si parla di un gruppo del lusso come LVMH si parla di manager di primissimo livello abituati a ponderare un investimento in base alla temporalità di un suo rientro e del successivo rendimento. Insomma, i dubbi sono leciti, ma nulla di incontrovertibile porta ad escludere categoricamente una trattativa magari avviata.
Di certo (e senza ombra di dubbio) c’è una proprietà, Elliott, che vorrebbe fortemente trovare un acquirente credibile e solvibile per poter collocare il Milan sul mercato dopo averlo rilevato per insolvibilità di Yonghong Li. Il fondo di Singer dovrà rientrare dei soldi persi dal misterioso imprenditore cinesi e delle iniezioni di liquidità per tenere in piedi il Milan. Da qui si spiega la scarsa propensione ad investire oggi in una squadra che difficilmente entrerà in Europa League. E, parallelamente, il lavoro arduo per poter almeno vendere al prossimo proprietario la certezza di poter godere dei benefici di uno stadio di proprietà.
This post was last modified on 23 Dicembre 2019 - 18:37