Se l’inizio di stagione di Jesus Suso è stato così negativo, se i vari #SusoOut e i fischi di San Siro sono stati così assordanti, se contro la SPAL è arrivata la sua prima panchina dopo 17 partite di fila dal 1′, la colpa è (anche) sua. Dopo il lieve infortunio che lo ha tenuto lontano dal campo contro la Lazio, lo spagnolo sembra pronto a riprendersi la maglia da titolare a Torino. Serve una partita diversa da quanto visto fino ad ora, serve la partita della redenzione. Perché le prestazioni offerte dall’ex Liverpool in questi mesi sono imperdonabili, soprattutto considerato il suo status di giocatore più tecnico della rosa. Colui intorno al quale gli allenatori costruiscono la formazione settimana dopo settimana (vedi Giampaolo). Non c’è più tempo per sbagliare. Bisogna (ri)cominciare, e subito anche.
COSA È MANCATO – Se le doti tecniche di Suso sono indiscutibili, sicuramente non si può dire lo stesso della sua tenuta mentale. Lo spagnolo è parso troppo spesso – nel corso di tutta la sua avventura in rossonero – svogliato, a tratti demotivato e senza voler veramente mettere quel qualcosa in più al servizio della squadra. C’è bisogno prima di tutto di lavorare su questo. Avere un giocatore voglioso di dimostrare le sue doti, predisposto a spaccare la partita in due, non intestardito su due-tre giocate di repertorio ma alla ricerca continua di soluzioni alternative, potrebbe giovare non solo alla squadra, ma anche e soprattutto a lui. Nel corso delle precedenti stagioni ha dato prova – seppur a intermittenza – di ciò che può dare per contribuire alla causa rossonera. Il suo mancino ha regalato diversi assist ai compagni e anche qualche gol importante (l’ultimo contro la SPAL). Ma così non basta, non può bastare. Serve continuità.
I PRECEDENTI – Le ultime prestazioni di Suso contro la Juventus non sono state certamente indimenticabili. 8 partite giocate, 6 sconfitte e 2 sole vittorie: l’1-0 a San Siro con gol da fantascienza di Locatelli e la finale di Supercoppa a Doha vinta ai rigori. Se nel primo caso lo spagnolo offrì una buona prestazione, ma non decisiva, a Doha fu fondamentale. Continui cross all’interno dell’area avversaria, tiri pericolosi, assist per il gol di Bonaventura e – più in generale – tanta spregiudicatezza e voglia di fare. Che, guarda caso, è proprio quello che gli si chiede oggi. La speranza è quella di rivedere un giocatore simile a quello visto in Qatar. Allo Juventus Stadium ci sono 90′ minuti (durissimi) da giocare. Da quel che si è visto fino a qui, la difesa della Juventus non è di certo irresistibile. La possibilità che ci siano spazi da attaccare c’è, ma vanno sfruttati. A Torino è difficile avere più di un’occasione per far male, perciò è vietato sbagliare.