Un cambio sulla panchina inevitabile, necessaria per raddrizzare una stagione ricca di quesiti e montagne da scalare. La scelta, forse seconda scelta, è ricaduta su Pioli dopo aver accarezzato la possibilità di condurre Spalletti sulla panchina del Milan. Così non è stato, ma con il senno di poi l’ambiente Milan può dirsi soddisfatto e felice. “Pioli ci lascia più libertà in campo“. “Dispiace per Giampaolo, ma Pioli è più adatto alle nostre caratteristiche“. “Pioli ci carica e siamo più determinati“. Parole di rossoneri certamente delusi da un avvio di campionato da incubo, che ha visto il Milan sprofondare, per poi risalire timidamente e navigare nella mediocrità che non appartiene ai colori e alla storia rossonera. Pioli, a detta dei suoi calciatori, ha portato la serenità, l’armonia e la spensieratezza che mancava. Non ha portato troppi punti, o quantomeno quelli sperati nel momento del cambio alla gudia tecnica. Una sola vittoria contro la SPAL in cinque partite. Con un gol di Suso. Su punizione. Numeri che non sono dalla parte del mister, autore di un cambio di rotta sotto l’aspetto del gioco, dell’atteggiamento e della spensieratezza. Fondamentale per risalire.
Calendario alla mano, il Milan è atteso al varco per la gara contro la Juve, per poi affrontare l’ex Ancelotti con un Napoli allo sbaraglio. Storie di momenti negativi, che solo il campo saprà ridimensionare e attutire. Inutile tornare al passato, Pioli guarda solo ad un presente di costruzione e transizione, provando ad assaporare in anticipo un futuro che dovrebbe ridisegnare la stagione del Milan. Si parla di Champions, di lavoro e di serenità.
Tutto bello e sereno, almeno da fuori. Così non era quando Giampaolo guidava i rossoneri, spesso arrendevoli, scarichi e non sempre uniti. Giampaolo ci ha messo la filosofia, tralasciando forse l’armonia e la compattezza di un gruppo che si è poi sciolto. Ma se è vero che si stava meglio quando si stava peggio, l’ultima gara di Giampaolo resta la più emblematica delle ultime undici. Una rimonta contro il Genoa condita da un carattere da leone ancora piccolo e timido, ma con una gran voglia di vincere. Prima però si stava male, perché la squadra non rispondeva bene sul campo, il mister rispondeva senza troppa originalità ed ecco che l’ambiente e la fragile costruzione del Milan sono crollati pericolosamente. Non è quindi bastato il risultato migliore ottenuto dal Milan per una conferma: quella contro il Genoa è stata infatti la prima e unica rimonta della stagione. Termine mai accostato all’operato del nuovo allenatore che, sulla base di esperienze passate, ha archiviato la bellezza e ha messo sul campo la concretezza e il carattere. Una differenza di 0.5 per la media punti, un gioco diverso, con un cambio di interpreti che non ha aperto le porte del salto di qualità.
Non c’è confronto che tenga, per il bene del Milan e anche un po’ per il nostro. I numeri sono numeri, il campo dice spesso altro. Gli zero punti conquistati contro la Lazio non includono il primo tempo di rara bellezza di Castillejo e i suoi, lo studio delle geometrie di Bennacer, ma ricordano solo gli errori dei singoli che hanno riconsegnato la vittoria alla Lazio a San Siro in campionato dopo 53 lunghi anni. Non c’è allenatore migliore di altri, si guarda al futuro senza dimenticare il passato, quando si stava male ma si ribaltavano le partite. Con il senno di poi non è facile scrivere la storia, occorre superare i limiti del presente, con gli errori del passato come trampolino. Così sta facendo Pioli, inseguendo probabilmente l’immagine di quel Milan che raddrizza una gara da Milan.
Ora si sta certamente meglio, la squadra torna a parlare di gruppo, l’allenatore mette in gioco i limiti ed elogia quando necessario. Una serenità che non porta punti, ma per il momento poco importa. Essere un gruppo non significa essere una squadra. Senza tattica e schemi, è questa la vera sfida di mister Pioli.