Chi l’avrebbe mai detto: dopo 12 giornate, 7 sconfitte e 12 punti di questo Milan ci ritroviamo a mettere in discussione un po’ tutto, anche Alessio Romagnoli, capitano designato dopo il ritorno in bianconero di Bonucci. Ma siamo pazzi, Romagnoli?
Già, Romagnoli. Il numero 13 rossonero sta fallendo la prova del nove in questo inizio di stagione: via i parafulmini Bonucci prima, Gattuso dopo, il peso e la responsabilità dei risultati del Milan, soprattutto con i due allenatori non proprio da grande piazza e con la grande esperienza che sono passati da Milanello, ricadono inevitabilmente sulle sue spalle. E invece ogni volta in cui proprio lui avrebbe dovuto fare la differenza, avrebbe dovuto alzare la saracinesca e caricare i compagni in trincea, ha fallito miseramente, per poi comunque scusarsi davanti alle telecamere come nel post-Juventus.
Romagnoli è il vero leader di questo Milan? Non si sa. Lo stesso Boban, nelle dichiarazioni appena precedenti al derby di settembre, parlò di Donnarumma quale uomo spogliatoio e grande trascinatore. Non di Romagnoli. Un caso, una dimenticanza? Non si sa neanche questo, ma è sotto gli occhi di tutti che il capitano rossonero stia mancando quel salto di qualità che tutti – tifosi e addetti ai lavori – stavamo aspettando, anche in chiave azzurra. Se analizziamo con la lente d’ingrandimento le sconfitte più cocenti nei big match fino ad ora disputati, la sua macchia c’è sempre: la marcatura debole su Lukaku nel derby, l’indecisione sul filtrante di Luis Alberto per Correa con la Lazio (qui in concorso con Duarte) e poi – l’ultima, quella che abbiamo ancora impressa – la figura da birillo con Dybala che ha messo la firma bianconera su un match fino a quel momento ben controllato.
E poi, a proposito di Azzurro, non è da sottovalutare come out Chiellini, nel ballottaggio per la scelta del compagno di reparto di Bonucci, il capitano del Milan sia stato scavalcato da Acerbi (altro ex rossonero). Romagnoli è scarso? Affatto, non deve passare questo messaggio. Semplicemente, a distanza di un anno e mezzo la scelta di Gattuso di affidargli la fascia di capitano, ma soprattutto quella di Leonardo di togliergli dal fianco uno come Bonucci sostituendolo teoricamente con Caldara e poi di fatto con Musacchio, si sta rivelando un po’ affrettata. Le cause e, dunque, le soluzioni a questa piccola “crisi” del difensore romano vanno dunque ricercate in una politica di mercato che – per quanto idealmente lungimirante e affascinante – si sta rivelando fallimentare: con i soli giovani non si va da nessuna parte.
Quindi, per quelli che sono riusciti a leggere fin qui, questa riflessione più che una crocefissione è un’attenuante che stiamo dedicando al capitano, che si è ritrovato a 23 anni timoniere – non solo di una squadra, ma – di una società inesperta e sconfusionata che non ha ancora ben chiari ruoli, contromisure e linee definite per un progetto a lungo termine. Uguale: serve urgentemente gente di esperienza. Magari non in difesa, ma qualcuno capace come i sopracitati Bonucci e Gattuso di prendersi le responsabilità delle sconfitte e suonare la carica, anche fuori dal campo, nel momento di più grande difficoltà (tipo quello attuale). Cosa che in questo momento Alessio Romagnoli ha purtroppo dimostrato di non saper fare.
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