La dirigenza c’è ed è vicina alla squadra. Lo ha garantito Stefano Pioli nella conferenza di vigilia di Milan-Spal, giusto una settimana fa. E noi ci fidiamo, perché nessuno più del mister rossonero può verificare la presenza concreta di Boban, Maldini & co. a Milanello.
Ma basta assistere all’allenamento e farsi immortalare abbracciando calorosamente e sorridendo ai giocatori – che tra l’altro in questo momento hanno ben poco da ridere – per ritenere vicina una dirigenza? Analizziamo il momento, perché anche le tempistiche di certe scelte e uscite dei vertici milanisti appare piuttosto rivedibile. Paolo Maldini. Colui che per anni ha rivendicato un posto di primo rilievo all’interno del suo Milan, rifiutando a più riprese incarichi più o meno di facciata, oggi – nel momento forse più buio degli ultimi trent’anni della società – parla attraverso l’applicazione ufficiale del club. Di cosa? Delle generazioni dei Maldini’s in rossonero e della (maledetta) finale di Istanbul.
Dall’altra parte invece, il top player dei dirigenti Ivan Gazidis, indìce il Tavolo per la lotta al razzismo presso Casa Milan, invitando in via Aldo Rossi tutti i club di Serie A, la Lega e la rispettabilissima Fiona May; quando – per quanto importante sia l’argomento in discussione – in questo momento avrebbe potuto lasciare la briga a qualche altro club e dedicarsi alla ricerca di soluzioni per riportare sponsor, il bilancio in ordine e soprattutto il Diavolo nelle posizioni di classifica che gli spettano.
E poi c’è Scaroni. Il Presidente rossonero sono ormai due mesi che non fa altro che parlare di stadio nuovo, della demolizione (che poi non sarà tale) di San Siro, del confronto con il Comune… ma di campo mai. Ecco, questo al momento è il quadro della dirigenza, tra l’altro la più pagata del campionato. Ma della situazione attuale chi parla? Chi spiega, a noi addetti ai lavori e ai tifosi, il perché di questa situazione di classifica agghiacciante e dell’impotenza dei ragazzi di Pioli di fronte a qualsiasi squadra che tra i propri vanti qualcuno che il pallone lo sappia trattare una minima (vedere, per ultime, Roma e Lazio)?
Ci troviamo a poche ore da quello che un tempo era uno scontro-scudetto – Juventus-Milan – senza un punto fermo, senza certezze. Il modulo è in discussione, il compagno di reparto di Romagnoli un’incognita, così come il playmaker (sarà Biglia o Bennacer?) e il ballottaggio Piatek-Leao sempre all’ordine del giorno. Più che ricordi su Istambul, tavoli con la Serie A e rivelazioni sullo stadio, in questo momento sarebbe servita e serve chiarezza e una linea direttiva, giusta o sbagliata. Ma soprattutto un’ammissione di colpe e un ridimensionamento dell’obiettivo, perché la favola del quarto posto – che tra le altre cose ha confermato anche Castillejo nel post Milan-Spal – più che un’utopia è diventata una barzelletta.
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