La Cattedrale intende diventare il fulcro del nuovo quartiere di San Siro, una destinazione eco-sostenibile 365 giorni l’anno, dedicata allo sport e al divertimento dei tifosi, della collettività e dei turisti. Sarebbe lo stadio di calcio più sostenibile d’Europa, immerso in 9 ettari di verde per ridurre il deflusso dell’acqua e dotato non solo di pannelli fotovoltaici sulla copertura, ma anche di un sistema di raccolta dell’acqua piovana per ridurre al minimo il consumo idrico. Ambizioso e consapevole, il progetto di Populous. Consapevole, soprattutto, di essere favorito sui dirimpettai di Manica-Sportium: «Le due squadre sceglieranno l’opzione che riterranno più idonea per le loro ambizioni», frena gli entusiasmi l’architetto Alessandro Zoppini, a capo del team Populous Italia, ai microfoni di SpazioMilan.it.
Come state vivendo questo momento?
«È qualcosa di unico per qualsiasi architetto, anche per il nostro studio che si occupa di impianti sportivi da tanti anni. È un onore per noi, San Siro è uno degli stadi più importanti ed iconici del mondo. Noi abbiamo realizzato più di 1.300 stadi, sono un architetto milanese il cui prozio ha inaugurato il San Siro del ‘56, ho inoltre progettato quattro diversi palazzi dello sport per le Olimpiadi. Quindi sì, questo progetto sarebbe il coronamento di una carriera. Per lo studio che rappresento è una cosa straordinaria».
Qual è il motivo per cui San Siro non è più modificabile?
«Milan e Inter hanno fatto uno studio di fattibilità, che hanno realizzato con Populous. Hanno esaminato la situazione sia funzionale che economico-finanziaria, lo studio è durato più di un anno. Il San Siro attuale ha dei problemi di funzionalità abbastanza evidenti, il primo dei quali è la presenza della limitazione del lato est. Uno stadio moderno deve avere circa 100mila metri quadri utili e sfruttabili a fine di servizi per gli spettatori, San Siro ne ha solo 20mila. Ne servono altri 80mila e non è una cosa semplice. La rifunzionalizzazione è stata discussa per un anno. Prendiamo d’esempio Wembley: è stato sostituito e ora nessuno ricorda più le due torri, che erano storiche».
Quali sono gli altri problemi?
«Ce n’è uno di tipo logistico: durante i lavori le squadre dovrebbero andare a giocare fuori sede e non esistono stadi di capienza analoga. Bologna e Genova hanno stadi più piccoli e non proprio dietro l’angolo: questo porterebbe a notevoli danni economici. Poi c’è anche un problema tecnico: è opportuno diminuire la capienza, quindi si tratta di un problema tecnico-realizzativo. Ergo conviene realizzare uno stadio nuovo, con un carattere iconico».
Come avete lavorato alla progettazione dell’area attorno allo stadio?
«Noi abbiamo risposto esattamente allo studio di fattibilità che le due società hanno esposto in Comune a luglio. Abbiamo un progetto che rispecchia le richieste molto chiaramente».
Quindi, dovesse rimanere anche San Siro, cambierebbe qualcosa?
«Il masterplan andrebbe ripensato, cambierebbe molto».
Da dove parte l’idea della cattedrale?
«Il nostro progetto nasce da una logica italiana: abbiamo capito che quando si crea un simbolo o un’icona bisogna prendere dei riferimenti. Da lì, l’idea di riproporre i due grossi simboli di Milano che sono la Cattedrale del Duomo, da cui ha preso il nome il progetto, ma anche la Galleria Vittorio Emanuele che è uno spazio d’incontro. Abbiamo reinterpretato questi simboli, riproponendo l’iconicità del Duomo. Abbiamo anche creato un interno con spazi d’incontro aperti tutta la settimana, 25 ore al giorno per otto giorni alla settimana».
Quindi un progetto che si unisce alla tradizione milanese.
«Credo che l’esperienza di Populous, unita al mio radicamento milanese, abbia creato qualcosa di straordinario».
Come vi è stato comunicato che sareste stati tra i progetti finalisti?
«Abbiamo ricevuto una telefonata, è arrivata poi una comunicazione ufficiale a Londra».
I ben informati dicono che il vostro progetto sia più avanti dell’altro.
«A me fa molto piacere, come professionisti abbiamo fatto un progetto che riteniamo unico per Milano e a differenza dell’altro, che ha le sue qualità, il nostro nasce per essere fatto in quel luogo lì. Il lavoro di Manica-Sportium è più tradizionale e meno radicato in quello che è il luogo stesso. Le due squadre sceglieranno l’opzione che riterranno più idonea per le loro ambizioni».
All’Assemblea dei Soci del Milan, a domanda specifica, il presidente del Milan Scaroni ha confermato l’esistenza di un piano B relativo alla realizzazione dello stadio. Ne siete a conoscenza?
«Il nostro progetto è stato realizzato per quella zona, se le squadre daranno indicazioni diverse ci adatteremo alle nuove indicazioni».
This post was last modified on 31 Ottobre 2019 - 16:48