L’era in cui viviamo, chiamata anche digitale, si basa fondamentalmente su due concetti importantissimi: una comunicazione chiara e convincente e una concretezza d’azione in tutti i campi della vita. La frenesia a cui siamo abituati non lascia spazio a tempi morti, depistaggi o a ripensamenti in quanto tali errori potrebbero essere fatali. Le grandi imprese così come le grandi società calcistiche hanno costruito e continuano a costruire i loro successi sulla base di scelte chiare e coerenti che portino addetti ai lavori e tifosi ad essere convinti e coinvolti nel processo di creazione del successo. Prendiamo ad esempio la Juventus, società leader in Italia sia a livello di successi che nella gestione societaria: i bianconeri, così come il Milan, sono stati coinvolti in estate nel cambio della guida tecnica. Al pari dei rossoneri anche la Vecchia Signora è stata assediata da strampalate ipotesi di guide tecniche ma a differenza del Milan, ha sempre mantenuto un indecifrabile silenzio senza alimentare false speranze. Il Diavolo, invece, alle voci di Conte, Sarri o addirittura Inzaghi non ha smentito ma ha alimentato false illusioni trasformate in delusioni all’arrivo di Marco Giampaolo.
Un paragrafo a parte meriterebbe il tecnico abruzzese, perfetta sintesi di un concetto che ha contraddistinto e continua a contraddistinguere le scelte del Milan: il cosiddetto “piano b”. Giampaolo, infatti, è solo uno dei tanti secondi piani su cui la dirigenza rossonera ha dovuto ripiegare, in questo caso nel campo della guida tecnica dove le prime scelte erano altri nomi come quelli per l’appunto di Conte, Sarri e Simone Inzaghi. Altri esempi di seconde scelte? Ne citiamo due, uno risalente all’estate appena trascorsa ed uno di recente scelta. Ad entrambi, tra l’altro, si può applicare anche il concetto di “falsa illusione”, uno stato d’animo frutto della comunicazione scadente della dirigenza rossonera. L’esempio estivo fa, chiaramente, riferimento alla vicenda Correa: l’argentino dell’Atletico Madrid, infatti, era stato dipinto come il primo e principale obiettivo del nuovo Milan.
Prima acquistato, poi praticamente ufficiale, infine sfumato, il giocatore argentino è passato da essere la nuova stella del Milan, ad essere confermato dai colchoneros. Nel mentre, per l’appunto, le parole della dirigenza e i viaggi a Madrid in pompa magna avevano contribuito ad alimentare le speranze del tifo rossonero trasformate in delusione a poche ore dalla fine del mercato. Invece di tentare l’ultimo affondo o dichiarare l’infattibilità dell’operazione, come avrebbe voluto una comunicazione chiara, la dirigenza come agisce? Si sposta sul piano b Ante Rebic, attaccante croato mai trattato prima delle ultime ore di mercato e catapultato improvvisamente in rossonero. Concentrandoci, invece, sull’esempio recente, ovvero la vicenda Giampaolo-Spalletti-Pioli, è facile trovare un parallelismo con la situazione estiva. La dirigenza rossonera, infatti, non ha chiarito la difficoltà della situazione legata al tecnico di Certaldo ma ha immediatamente dato adito alle voci di un accordo raggiunto salvo poi doverlo smentire data l’infattibilità dell’operazione.
Una comunicazione riservata portata invece all’orecchio della stampa dallo stesso ambiente rossonero e che ha trasformato l’illusione dei tifosi rossoneri in delusione alla conferma di Pioli come nuovo allenatore rossonero. Ora più che al tastieristico ma comprensibile tiro al bersaglio del #Pioliout, i tifosi rossoneri dovrebbero riflettere sul fatto che il club ha perso appeal, potere e futuro tanto da non avere nemmeno più la forza di sedurre un tecnico come Spalletti che anni fa avrebbe rinunciato a tutto per quella panchina. Sempre alla ricerca di un capro espiatorio, le colpe di situazioni come queste ricadono sulla dirigenza rossonera. Boban e Maldini, leggendari campioni, confermano che l’equazione grandi campioni uguale a ottimi dirigenti è falsa. L’inesperienza delle loro scelte, trasformatesi in errori, può migliorare con il tempo ma il Milan e i suoi tifosi, in questo momento storico, non sono più disposti a concederne.
In una situazione come questa si fatica a pensare positivo e a trovare una soluzione. Un punto di partenza, tuttavia, può essere rappresentato da una spassionata chiarezza. La dirigenza rossonera ha l’obbligo di imparare ad essere chiara nelle comunicazioni e concreta nelle scelte, seppur crude e crudeli. “La verità fa male, lo so”, cantava Caterina Caselli, ma è pur sempre meglio di una bugia ed in questo momento il Milan e i milanisti hanno bisogno di verità per sapere come ricominciare a vincere.