Poteva essere, anzi, doveva essere il giorno dell’analisi di una gara difficile, brutta e vincente per il Milan. Poteva, anzi, doveva essere la giornata dello “scampato pericolo” di una trasferta da sempre ostica per i rossoneri, che hanno fatto fatica con una gagliarda neopromossa ridotta in dieci uomini addirittura per settanta minuti. Doveva essere il giorno dell’analisi della confortante fase difensiva: come riferisce Opta Paolo, infatti, Alessio Romagnoli ha ottenuto al Bentegodi il record di passaggi riusciti, raggiungendo quota 95 e migliorando il record personale di 92 registrato contro l’Udinese nella prima gara di questa Serie A. Senza contare che la trasferta veneta è la decima partita del 2019 che il Milan ha concluso senza subire gol.
Insomma, oggi poteva e doveva essere tante cose diverse. E invece tutto – tutto – perde d’importanza di fronte ad un atto che ormai rientra quasi nel costume di questo sport, nel costume soprattutto di chi lo fa ma anche, ormai, di chi ci passa sopra con fin troppa nonchalance perché “è normale”. È tradizione. Sì, è tradizione sentire ululati. Ed è tradizione rinomata a Verona, dove ieri Kessie ha accompagnato la sua gara con un tappeto di ripugnante brusìo, in ottima compagnia di Donnarumma, destinato a pagare lo “scotto” delle sue origini partenopee con cori di “grande respiro”. Un déjà-vu, insomma, preoccupante per la sua costanza e la crescente frequenza. Una situazione che in tanti tendono a far rientrare nel concetto di campanilismo. Ed è la versione più smaccatamente ignorante che sia possibile ascoltare.
Non c’è nulla che possa giustificare gli ululati dagli spalti, non c’è nessuna decisione arbitrale, nessun torto sportivo, nessun risentimento personale che possa ammettere un atteggiamento tanto schifoso quanto radicato nella cultura di massa di chi crede, allo stadio, di poter sfogare ogni suo istinto senza ritegno, senza conseguenze. Anzi, diviene ancora più grave insabbiarlo o mistificare l’accaduto facendo passare dei palesi “buu” razzisti per proteste nei confronti del direttore di gara per alcune “decisioni arbitrali che lasciano ancora oggi molto perplessi”, come dichiarato ufficialmente via Twitter dallo stesso club. Eppure ormai sembra valere tutto, a tal punto che – almeno oggi – analizzare una gara complessa e complicata come quella di Verona diventa quasi distonico, dissonante, perde senso e peso specifico. E, sì, che siamo appena entrati nella settimana del derby, una stracittadina a cui le due squadre si presentano in evidenti (opposti) stati di forma. Ma ci sarà modo di parlarne, forse. Perché alla fine parlare di campo è la cosa più bella del calcio. Ce lo permetteranno?
Da SportMediaset