Riparte la Champions League. E per la sesta stagione consecutiva il Milan starà a guardare quella competizione che tante soddisfazioni ha generato negli ultimi trent’anni. Sono i cicli, si può dire. Ma sei anni cominciano ad essere un po’ troppi per una squadra che ha sollevato sette volte al cielo la coppa dalle grandi orecchie. Rimanere ai margini della massima competizione europea non fa bene. Né all’umore dei tifosi, né ai bilanci. Ma tant’è.
L’ultima apparizione del Milan in Champions risale al 2014, quando agli ottavi di finale uscì in maniera piuttosto disastrosa dal doppio confronto contro l’Atletico Madrid, al tempo già allenato da Diego Pablo Simeone. Da quel momento solo due volte in Europa League, nella stagione 2017/2018 uscendo agli ottavi con l’Arsenal, l’anno scorso senza nemmeno superare un girone piuttosto agevole, almeno sulla carta. Ci sarebbe stata la terza occasione, ma la proprietà ha patteggiato con l’Uefa la rinuncia proprio all’Europa League per poter uscire dal contenzioso sul Fair Play Finanziario. Fin qui tutto chiaro. E, per la maggior parte dei tifosi, decisioni condivisibili.
Il problema semmai oggi è come tornarci in quella agognata Champions che farebbe alzare il valore della società, con introiti importanti anche solo giocando le prime sei partite dei gironi. Rientrare in quel giro è fondamentale per Elliott, che a breve comincerà seriamente a cercare acquirenti per disfarsi di un asset, il Milan, ricevuto più per caso come escussione del pegno per il prestito mai restituito da Yonghong Li. Al di là di come siano andate le prime tre giornate, senza paletti Uefa, i tifosi si aspettavano un mercato all’altezza dell’assalto al quarto posto. Oggi, almeno sulla carta, sembra un obiettivo piuttosto arduo. Tuttavia, resta necessario prima di tutto per i conti.