Troppo presto per essere decisivo, troppo tardi per astenersi da una lotta che – secondo tanti – sarebbe già impari dopo i primi duecentosettanta minuti disputati. Pensieri folli da parte di alcuni tifosi rossoneri (e non solo) su quello che è il nuovo Milan di Giampaolo, con hashtag che volano come gli aquiloni su Twitter, pazienza diluita nel più lontano dei ricordi (e ci può anche stare se si pensa almeno all’ultimo lustro) e soprattutto con la psicosi Conte che torna a farsi sentire preponderante ad oltre sette anni da quel Milan-Juventus ricordato essenzialmente per il “gol” di Muntari. E su cui, per ovvi motivi anacronistici, non ci riaddentreremo. Insomma, bentornati al derby di Milano, nella sua versione più mediatica tra quelle degli ultimi anni. E, una volta tanto, non tanto per pizzicotti tra avversari quanto per pseudo-faide interne. Rimanendo in casa Milan, continuano a tenere banco i litri di cachaça analcolica tra Paquetá e il mister rossonero nel nome di due visioni di calcio tanto votate al bello (sulla carta), quanto discordanti tra loro. Perché? Ah, saperlo.
CONTRAPPOSIZIONI – Altro scontento è e resta Piatek, nonostante il rigore decisivo trasformato a Verona e nonostante sia sempre sulla carta il leader dell’attacco rossonero. Il lavoro è lungo, duro, difficile e prevede molto sacrifico da parte del polacco. Che peraltro, pillola statistica, con 23 reti in 40 presenze in Serie A registra le percentuali realizzati e più alte dai tempi di Tevez alla Juventus nel 2014. Insomma, il “Pistolero” sa come si fa nonostante le polveri siano ultimamente un po’ troppo spesso bagnate. E, proprio a questo punto – nelle difficoltà -, dovrebbe venirgli in soccorso il gioco di Giampaolo fatto di scambi e tocchi corti, di possesso e ragionamento. Di tante cose che, al momento, non si sono viste e che (non a caso) relegano il Milan in fondo alla classifica dei gol fatti. Il minimo sindacabile con cui poter raccogliere sei punti in due partite. Certo, per una fase offensiva tutta da registrare c’è un reparto arretrato solido, maturo nei suoi giovani senatori, che nel derby vedrà il necessario avvicendamento Calabria-Conti altrimenti avrebbe già trovato il suo assetto definitivo. Donnarumma sopra tutti, ma anche Romagnoli e Musacchio non scherzano per niente.
OCCHIO AI TRANELLI – Bicchiere mezzo pieno, bicchiere mezzo vuoto. Resta da vedere se il primo possa bastare per avere ragione di un’Inter molto più in forma di quanto non si pensi dopo il mezzo passo falso di Champions. Anche perché, proprio dopo l’1-1 con lo Slavia Praga, era prontamente partita la carovana mediatica destinata a rendere i nerazzurri più affamati internamente, ma più vittime agli occhi di tifosi e addetti ai lavori. Poi, come se non bastasse, ecco il caso Lukaku-Brozovic a costruire il mito dello spogliatoio penetrabile, quindi facilmente attaccabile. Congetture quasi ad arte, che normalmente gasano un ambiente come quello nerazzurro che si esalta nella difficoltà. Nel “noi soli contro tutti”. Ecco, a Milanello dovranno essere in grado di contrastare in primis questa fame qui. Che ci sarà e che emergerà subito, in pieno stile Conte. Poi, del resto chi vivrà vedrà. E francamente, ancora una volta, non vediamo l’ora.
CITAZIONE – Insomma, bentornati al derby di Milano, nella sua versione più mediatica tra quelle degli ultimi anni. E, una volta tanto, non tanto per pizzicotti tra avversari quanto per pseudo-faide interne