Sia chiaro: un dirigente non si misura sulla base di quanto percepisce di stipendio. E’, però, evidente che un manager sia chiamato a rispondere dei risultati ottenuti in base agli obiettivi assegnati. Ogni calcolo, dopo appena quattro giornate di campionato, è piuttosto prematuro. Ma i numeri parlano chiaro ed evidenziano come la dirigenza del Milan sia molto più cara di Inter e Juventus, anche solo per il fatto che a comandare, in casa rossonera, sono almeno in cinque. A differenza della Juve dove c’è il triumvirato Agnelli-Nedved-Paratici e dell’Inter dove le decisioni vengono assunte da Marotta e Ausilio.
Oggi gli stipendi di Nedved e Paratici pesano per 1,7 milioni di euro netti all’anno. All’Inter si sale a 2,4 milioni (0,7 Ausilio e 1,7 Marotta). Al Milan la situazione vede questo monte-ingaggi lievitare a 6,5 milioni, se consideriamo gli emolumenti garantiti all’amministratore delegato Ivan Gazidis (2 milioni), Zvonimir Boban (2 milioni), Paolo Maldini (1,3 milioni), Frederic Massara (0,7 milioni). Dati che possono voler dire tutto e nulla, ma che a fine anno potranno pesare come macigni se il Milan non riuscirà a risalire la china per raggiungere posizioni nobili in Italia e, di conseguenza, in Europa.
Elliott non ha voluto aprire troppo il portafogli per il mercato, ma giocoforza questa squadra continua a presentare lacune che, almeno rispetto al progetto tecnico di Marco Giampaolo, non passano inosservate. Jesus Suso è il caso emblematico di un giocatore di qualità, rimasto forse per assenza di reali offerte, ma messo fuori ruolo. Il risultato è la controfigura dell’esterno apprezzato negli anni passati. Qualcosa dovrà per forza smuoversi perché non si può attendere l’incantesimo auspicato alla vigilia del derby.