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Editoriale

Il caso Paquetá: 5 minuti in 5 gare di Copa America. Ecco i motivi dell’esclusione del milanista

Ormai è diventato un caso: il talento del Milan Lucas Paquetá, arrivato – erroneamente – in Italia come erede di Kakà è rimasto fuori anche ieri sera nella semifinalissima di Copa America Brasile-Argentina, collezionando dunque fino a qui solo 5 minuti di gioco in occasione della partita dei quarti contro il Paraguay. Un’esclusione – perché così va chiamata – che fa rumore, soprattutto se consideriamo l’assenza di O’ Ney e l’importanza del match, un finale anticipata tra le due selezioni principesse del futbòl sudamericano.

Un’esclusione sì, che però non è del tutto immotivata. E i motivi, se si va a scavare nella storia del giocatore, nelle sue caratteristiche e nella tradizione della Seleção e del CT Tite, fanno sì che questo scarso impiego sappia meno di bocciatura. Non a caso stanotte del gioiellino milanista ha parlato Zico, che lo ha definito “un piccolo fenomeno, che con il tempo potrà far tornare grande il Milan”.

18 MESI NO STOP: PAQUETÁ COME STACHANOV

Lo si è detto tante volte negli scorsi mesi di Serie A, ma è doveroso ribadirlo: il numero 18 verdeoro non riposa da una stagione e mezza. Spieghiamo bene: dopo aver terminato la stagione con il suo Flamengo, Paquetá è volato in Italia già dai primi giorni di dicembre e si è messo a disposizione di Gennaro Gattuso per cominciare subito a lavorare e ad ambientarsi ai ritmi del calcio italiano. Preparazione invernale e via, altri 5 mesi no stop, culminati con un infortunio importante alla caviglia e un’espulsione (con relativa squalifica di 3 giornate) anche figlia di un’evidente e giustificata stanchezza psico-fisica.

UN NUMERO 8, NON TREQUARTISTA. E CON IL 4-2-3-1…

Non solo complimenti, anche suggerimenti chiave. Zico infatti ha confermato quanto solo i più grandi esperti di calcio sudamericano hanno provato a ribadire fin qui, contrastati da tutti quelli che vogliono vedere Paquetá dietro le punte: “Lui è un numero 8, che può fare tanti gol. E’ bravo di testa e ha una grande intelligenza tattica, ma non è un trequartista”. Ecco. Al contrario di quanto falsamente ipotizzato, l’ex Flamengo – che ama calciare da fuori e l’inserimento – in Brasile ha sempre giocato come mezzala e questo suo ruolo si sposa a fatica con il sistema tattico di Tite, che per far esprimere al meglio tutti i suoi attaccanti – centrali ed esterni – ha optato fino ad ora con successo per un 4-2-3-1 sostenuto in mezzo al campo da due mediani puri come Casemiro e Arthur, o in alternativa Allan: giocatori – rispetto al rossonero – garantiscono più equilibrio e protezione.

TITE PREDILIGE L’ESPERIENZA E… IL BRASILEIRAO

Il CT verdeoro – si sa – è uno molto affezionato ai suoi uomini di fiducia, così come ai veterani, Thiago Silva e Dani Alves su tutti. Ma oltre all’età anagrafica, per Tite è molto importante l’esperienza maturata nelle competizioni di vertice europee: non a caso l’imprescindibile Casemiro è punto fermo del Real Madrid che vanta 4 Champions League nel palmares personale; Arthur e Coutinho – nonostante la giovane età – giocano nel Barcellona, così come Gabriel Jesus nel Manchester City e Allisson e Firmino si sono laureati Campioni d’Europa giusto un mese fa con il loro Liverpool. Paquetá purtroppo – e non per colpa sua – nella casella “presenze in competizioni UEFA” può scrivere solamente il numero 0. L’unica eccezione a questa policy è rappresentata da Everton: giovane (23 anni, uno più del milanista) e non ancora protagonista del calcio europeo. A suo favore però incide l’ultima stagione con il Gremio, nella quale ha fatto letteralmente sfraceli, e l’affetto del pubblico di casa che lo eretto quale beniamino indiscusso del Brasileirao, il campionato brasiliano.

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This post was last modified on 3 Luglio 2019 - 19:23

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